QUALE SARÀ IL FUTURO DELL’OLIO PUGLIESE?
Tra eradicazioni e reimpianti il futuro della produzione olearia non sembra molto promettente.
Gli uliveti secolari autoctoni, non solo nel Salento, vanno scomparendo a causa delle eradicazioni praticate per debellare la Xylella. Al loro posto, spesso, si sta procedendo a reimpiantare alberi di ulivo della varietà “Favolosa” una specie adatta a coltivazioni intensive e super intensive, peraltro presentata come resistente alla Xylella.
Il via libera, sancito dalla Determinazione del Dirigente Sezione dell’Osservatorio Fitosanitario nel maggio di quest’anno, è l’ultimo atto del lungo iter avviato con la modifica della Decisione di esecuzione Ue 789/2015, che grazie all’analogo provvedimento 2352/2017 ha disposto la deroga al divieto di impianto di specie ospiti nelle zone infette.
In particolare sarà privilegiato l’impianto di ulivi di cultivar Leccino e FS17 (Favolosa) “perché – si legge nel documento – risultate resistenti a Xylella fastidiosa” e di specie vegetali arboree di interesse agrario quali vite, agrumi, albicocco, susino, pesco e percoco perché “risultate immuni a Xylella fastidiosa” a seguito “delle attività di ricerca del Consiglio nazionale per le ricerche, Cnr” validate dal Comitato fitosanitario nazionale.
La Favolosa è una cultivar brevettata ormai da trent’anni dal Cnr che sembra promettere faville: viene presentata come resistente a Xylella, con fruttificazione in poco tempo, può essere utilizzata in impianti ad alta densità, consente una raccolta semplice, meccanizzata e veloce. L’esclusiva ad oggi è stata ceduta a tre vivai che hanno facoltà di moltiplicare e vendere le piante di FS-17 dando però una royalty del 10% al Cnr.
Tutto risolto quindi? Pare di no. Basta scorrere una paginetta dello stesso documento per leggere, infatti, la richiesta di rettifica relativa alle varietà di ulivo Leccino e FS17 per precisare che “non si hanno ancora a disposizione dati riferiti al lungo periodo sia in tenuta della resistenza nel tempo e sia in termini di produttività”. Come a dire: oggi piantatele ma sappiate che non vi sono prove – e tantomeno non vi sono pubblicazioni scientifiche – che ne attestino la resistenza a Xylella. Resistenza, si noti bene, che non comporta la scomparsa del batterio, in quanto presente ormai in molte altre specie ospiti, comprese quelle tolleranti. Dettagli non di poco conto se si pensa che tanti olivicoltori stanno affidando il loro futuro proprio a questi alberi e che tanti milioni in arrivo dall’Unione Europea verranno dedicati al loro reimpianto.
A gennaio 2018 erano già state acquistate 200.000 e proprio in queste settimane nel comune di Casarano sono stati piantati 3 mila ulivi su circa 4 ettari. Per vederne i risultati bisognerà aspettare almeno 2 anni. Ma basta spostarsi un po’ più a nord, nel barese, per scoprire che alcuni olivicoltori molte risposte sul futuro di questa cultivar le possono dare già oggi, avendo da tempo avuto modo di sperimentare e conoscere la Favolosa.
In più l’olio prodotto con i frutti della Favolosa ha un gusto molto diverso da quello che, sin’ora, i produttori di olio ricavano dalle olive colte sugli alberi secolari. Un gusto che non va giù a chi come i pugliesi è da secoli abituato a consumare olio d’oliva extravergine ricavato da alberi autoctoni.
Ed allora una domanda nasce spontanea: perché espiantare i vecchi ulivi? A chi giova farlo? Si deve tener conto che diverse sperimentazioni scientifiche sul campo, finanziate dalla Regione Puglia, hanno dimostrato che non solo gli ulivi disseccati posso tornare a vegetare e a essere produttivi a prescindere dal batterio, ma lo possono fare anche nel giro di pochissimo tempo: neanche 2 anni. Giusto il tempo di verificare quanto sarà Favoloso il futuro di questa terra.