L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO
IL TAILLEUR GRIGIO di Andrea Camilleri
Questa settimana suggeriamo il romanzo “Il tailleur grigio”, scritto da Andrea Camilleri e pubblicato nel 2008. La trama è intrigante e vivace, la storia è avvincente e la lettura è resa ancora più affascinante dal linguaggio italo-siculo utilizzato dall’autore.
Il protagonista della storia è Febo Gersomino, un uomo appena andato in pensione, un ex funzionario di banca, che inizia a riflettere sul proprio passato ed in particolare sul rapporto con Adele, la giovane seconda moglie. Adele è un’affascinante trentenne estremamente sensuale, elegante e mondana, che in particolari occasioni indossa un castigato tailleur grigio. Il ritratto di questa giovane donna, che si completa nella lettura del romanzo, diventa mistero che attrae sia il lettore che il protagonista.
Di seguito un breve brano iniziale del libro: «Raprì l’occhi come tutte le matine alle sei spaccate.
Susennosi di un quarto e sporgendosi di lato a rischio di cadere dal letto, branculiò con la mano mancina sopra al comodino, trovò il ralogio da polso, lo pigliò, si stinnicchiò nuovamente, con l’altra mano addrumò la luce, taliò il ralogio ed ebbe la conferma che erano le sei.
D’altra parte, non avrebbe potuto essere diversamente: doppo quarant’anni e passa, oramà tutto il suo corpo si era abituato e aveva puntato a quell’orario una sua particolare sveglia interna che non fallava mai. Per cui, macari se la sera avanti si era corcato col proposito d’arrisbigliarsi un’ora doppo del solito, la sveglia corporale sempre alle sei spaccate sonava, e non c’era verso di cangiarle orario.
Tante erano oramà le cose matutine che il suo corpo faceva, come dire, in automatico. Pirchì, tanto per fare un esempio, doviva mettersi a tastiare allo scuro fino a quando le punte delle dita sentivano il vetro del ralogio, pigliarlo in mano, addrumare la luce con l’altra mano e finalmente taliare che ora era? Non sarebbe stato più logico adoperare una mano sola per addrumare la luce, pigliare il ralogio e taliare l’ora, senza bisogno di fare tutto quel mutuperio? Oltretutto, sarebbe stato uno sparagno d’energia. E di ralogi, a considerare bene. Perché nel corso di quarantenni, a forza di tastiare nello scuro, di ralogi ne aveva scassati tre facendoli cadere a terra.
Ma come si fa a puntare la sveglia interna a un’ora diversa? Capace che persino una sveglia normale, di quelle che si mettono sul comodino, doppo quarant’anni che aveva la lancetta fissa sulle sei, difficilmente si sarebbe potuta sbloccare da quella posizione.
Pirchì da quella mattina in poi lui, d’arrisbigliarsi a quell’ora, non aveva più bisogno.
Dal jorno avanti era andato in pensione.
Ma evidentemente al corpo non gli era pervenuta la comunicazione ufficiale dell’avvenuto pensionamento, tant’è vero che cinque minuti doppo che si era arrisbigliato, a malgrado di un timido tentativo di restarsene ancora tanticchia corcato, si era trovato, come al solito, addritta.»