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L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO: LA PALLA di Erik Pethersen

L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO: LA PALLA di Erik Pethersen

LA PALLA di Erik Pethersen

“La palla” di Erik Pethersen è, a mio avviso, una lunga riflessione sul senso della vita e sui controsensi che la vita mette davanti agli occhi di ognuno quando l’età si aggira intorno ai quarant’anni. Ho letto, tra le righe e non solo, una riflessione sui rapporti umani, sull’amore inteso come libertà, sulla fragilità umana che spesso si manifesta in modo palese ma, altrettanto spesso, resta sopita per anni, celata dietro una maschera di apparente serenità o, al contrario, di palese cupezza e chiusura. Ho letto una riflessione sul mancarsi, sul vuoto che volutamente ci si crea fuori e dentro se stessi e, allo stesso tempo, su quanto siano preziosi i legami con la famiglia e saper cogliere i segnali che la vita ci invia.

Ed ho letto un invito a vivere appieno la propria esistenza, a non rimandare a domani, a non lesinare sorrisi ed abbracci, a non rimettere nell’armadio il vestito buono in attesa di una festa che potrebbe non arrivare mai.

Il contenuto del libro è coerente al suo titolo. La palla dunque una sfera, solido perfetto armonico e proporzionato, qui associato all’aggettivo eufonico, suggerisce come sia possibile la fusione armonica di sensazioni e soggetti diversi. In effetti il libro è una fusione di diversi registri narrativi, un po’ diario, un po’ trattato di psicologia, un po’ romanzo divertente ma a volte cupo e sarcastico, leggero ma non frivolo, narra le vicende di due vite che procedono affiancate, che si sfiorano e finalmente si intrecciano. Perché così deve essere, l’armonia si crea anche per attrazione magnetica; c’è una perfetta fusione fra i protagonisti: Lavinia e Brando, così diversi eppure così simili, sono davvero le due metà che ricompongono la sfera.

A tratti esilaranti le vicissitudini dei due, pendoli che oscillano dalle decisioni impulsive di Lavinia, che si rivela essere la più intraprendente, all’ipocondria paranoica condita dai commenti caustici e ironici di Brando, la cui vera catarsi è la presa di coscienza di se stesso attraverso la propria sofferenza psicofisica.
Per definire i comportamenti dei due protagonisti viene in mente l’espressione “autismo emotivo”, una formula essenziale che descrive efficacemente lo stato di molte persone, tanto logorroiche sui social network quanto incapaci di donare le proprie emozioni nel contatto diretto con l’altro. Brando rispetto a Lavinia ne è l’esempio più evidente.

Pethersen ha presentato con dovizia di particolari (a volte eccessiva) i protagonisti, li ha inseriti nel loro ambiente e li ha fatti muovere sulle tracce che la sua immaginazione ha creato. Lentamente, nel dipanarsi di oltre settecento pagine, tutti i tasselli che compongono l’arcano trovano la loro collocazione, vanno ad inserirsi perfettamente nell’idilliaco quadro finale, così come i protagonisti trovano la giusta dimensione delle loro esistenze al pari del nero Burzum che si acciambella tra i velli bianchi delle pecore.

Concludendo, Pethersen ha firmato un romanzo seducente e sincero che si rivela più sottile del suo aspetto. Sfiorando con leggerezza il banale di una fiaba a lieto fine, l’Autore riesce a catturare la nostra attenzione e a condurci attraverso questa storia in una favola urbana, contemporanea e in definitiva piuttosto felice. Una forma di rassicurante semplicità che ci spinge a cogliere le coincidenze come un’opportunità per avere un po’ di controllo sulla nostra vita.

luciani.2006@libero.it

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