DONNE NELLA STORIA: Vittoria Colonna
VITTORIA COLONNA – poetessa
Ultima parte – Segue dal 14 ottobre 2018
La Colonna è molto legata al cardinale inglese Reginald Pole, trasferitosi in Italia a causa della sua opposizione allo scisma di Enrico VIII, e che era stato, col cardinal di Verona, Giberti, a dar vita ad uno dei primi circoli riformatori. La poetessa, in una serie di lettere a diversi destinatari, dichiara spesso l’ammirazione per l’opera e la personalità del cardinale che da un lato combatteva lo scisma anglicano, dall’altro auspicava un profondo rinnovamento della Chiesa cattolica. E certo proprio l’opera del Pole fu quella che influenzò maggiormente la fede della Colonna.
Nel ’41, a Ratisbona, si tenne la Dieta imperiale per tentare di comporre la rottura tra cattolici e protestanti; cardinal Contarini, mandato come legato pontificio, giunse ad un accordo con i teologi tedeschi sulla dottrina della giustificazione. A Roma però la formula dell’accordo non è gradita: sembra ambigua nell’accettare parimenti la tesi luterana della salvezza per mezzo della sola fede in Cristo e quella cattolica della salvezza per mezzo delle opere umane, attraverso la formula della “lustitia Christi donata” (cioè le opere salvano solo in quanto derivano da Cristo).
L’8 dicembre dello stesso anno, la C. scrive a Giulia Gonzaga affermando di dovere al Pole la salute dell’anima e del corpo perché egli l’aveva liberata dalla “superstizione” e dal “malgoverno”.
Parole che al giudizio dell’inquisitore crearono il dubbio che dovessero intendersi come liberazione dalla dottrina delle opere buone, in modo tale da far cadere anche sulla Colonna i sospetti d’eresia.
L’accusa fu respinta precisando che piuttosto la Colonna voleva alludere a certe pratiche penitenziali a cui sottoponeva il proprio corpo e che erano troppo pesanti per la sua già incerta salute.
Intanto molti dei personaggi vicini alla Colonna furono inquisiti, processati e molti condannati.
Nell’estate del ’44 la Colonna lascia Viterbo e torna a Roma, dove alloggia presso il convento di S. Anna: è una donna provata nel fisico e nel morale.
Muore a Roma nel 1547, probabilmente solo così evitando un accusa di eresia visto che l’inquisitore non aveva mai smesso di cercare prove contro di lei per accusarla.
Vittoria Colonna, è uno dei personaggi fortemente rappresentativi di quel nodo di cultura, potere e religione che stringe le fila della vita di quasi tutti gli intellettuali rinascimentali. La sua vita è caratterizzata da una popolarità eccezionale che forse nessun’altra donna del suo secolo conosce. A parte le relazioni personali che ce l’hanno mostrata in rapporti di stima e amicizia con i personaggi più potenti dell’epoca (da Carlo V ai pontefici), troviamo il suo nome nei testi di moltissimi scrittori a lei contemporanei, che le hanno inviato espressioni di amicizia, stima, ammirazione.
LE OPERE
Quasi nulla si conosce della produzione poetica di Vittoria Colonna prima della morte del marito. L’unico componimento sopravvissuto è un’epistola in versi per la rotta di Ravenna del 1512. La sua fama di poetessa, però, si diffuse poi rapidamente: già nel 1532 Ariosto ne cantava le lodi nell’ultima edizione del Furioso, mentre nel 1535 un suo sonetto veniva incluso nella seconda edizione delle Rime di Bembo. Dopo un momento di sospensione della scrittura, la Colonna decise di porre i propri versi al servizio di Dio, narrando la propria esperienza di fede a beneficio del lettore. Il corpus poetico, edito da A. Bullock (1982) consta di circa 140 rime di argomento amoroso (in morte del marito), circa 210 componimenti a tema sacro nonché una trentina di testi di corrispondenza.
L’unica raccolta allestita personalmente dalla poetessa è contenuta nel ms Vat. lat. 11539 e venne donata a Michelangelo nel 1540/1541. Le edizioni a stampa, invece, non furono mai ufficialmente avallate dall’autrice: né la princeps del 1538, né l’edizione Valgrisi del 1546, che costituì la vulgata delle sue rime spirituali. Nel 1543, però, la Colonna ebbe l’onore di un’edizione commentata – la prima pubblicata vivente il suo autore – per opera di Rinaldo Corso (fu poi ristampata con integrazioni nel 1558).
Le opere in prosa erano di preferenza divulgate nella forma di lettere-trattati. È il caso della Meditatione del Venerdì Santo e dell’Oratione sopra l’Ave Maria, forse in origine indirizzate – come pure la lettera sopra il Vangelo dell’adultera (Carteggio, CXLIV) – a Bernardino Ochino. Allo stesso modo l’epistola su santa Maddalena e santa Caterina d’Alessandria (CLXX) e quella sulla Madonna (CLXIX) furono realmente spedite a Costanza d’Avalos.
Ottavia Luciani