DONNE DI IERI E DI OGGI a cura di Silvana Delle Rose: ARTEMISIA GENTILESCHI
ARTEMISIA GENTILESCHI – SIMBOLO DEL FEMMINISMO INTERNAZIONALE
Tra i primi riferimenti ad artisti donne, Plinio il Vecchio (scrittore, naturalista, filosofo , comandante militare e governatore provinciale romano nato a Como nel 23 dopo Cristo e morto a Stabia nel 79) ci riporta alcuni nomi di pittrici greche: Timarete, Kalypso, Aristarete, Iaia e Olympas. Probabilmente le pittrici sono sempre
esistite da quando esiste l’arte, ma fino al XVI secolo , la loro effettiva presenza documentata nella storia è impalpabile. Dal Rinascimento le cose cominciano a cambiare: le donne artiste veramente grandi, professioniste dell’arte, si sottraggono all’invisibilità come nel caso di Artemisia Gentileschi .
Figlia d’arte, suo padre era il noto pittore Orazio, Artemisia è senz’altro la più amata e conosciuta. Nata a Roma l’8 luglio 1593, a partire dalla notorietà assunta dal processo per stupro da essa intentato, diventò un simbolo del femminismo internazionale, con numerose associazioni e circoli ad essa intitolate. Prima di delineare la sua figura di donna impegnata a perseguire la propria indipendenza e la propria affermazione artistica, ricordiamone le vicende personali che segnarono profondamente la sua travagliata esistenza.
Nell’estate del 1611 Artemisia conosce Agostino Tassi pittore di paesaggi e di vedute marine, al quale Orazio affida la figlia perché possa insegnarle come costruire la prospettiva in pittura.
Tassi s’innamora di lei e tra i due nasce una relazione. Il padre Orazio, però, scopre la tresca e ritenendo la figlia vittima del Tassi, lo fa arrestare e processare per stupro (perdita di verginità senza promessa di matrimonio) nei confronti della figlia. Tassi era già sposato, ma al processo Artemisia cerca di salvarlo dichiarando che nulla fosse successo e d’essere ancora vergine. A quel punto il giudice, per fare chiarezza, mette sotto tortura Artemisia di fronte al Tassi, il quale, non sopportando la vista del dolore inflitto alla sua innamorata, pur di far cessare lo strazio confessa d’averla violentata. Così parrebbe siano andate le cose, ma ovviamente ci sono interpretazioni maschiliste e interpretazioni femministe su come siano andate realmente. All’epoca non essere vergine senza essere sposata corrispondeva ad una condanna sociale. Artemisia dopo il processo s’allontana dal padre che considera il responsabile dell’accaduto ed al quale non perdona d’aver provocato la condanna ad alcuni anni di carcere inflitta al Tassi.
Un mese dopo la fine del processo (1612), Artemisia Gentileschi sposa, con un matrimonio combinato dal padre, un artista fiorentino, Pietro Antonio di Vincenzo Stiattesi e si trasferisce a Firenze.
Qui viene accolta, contrariamente al marito, presso l’Accademia delle Arti del Disegno: è la prima donna a ottenere questo prestigioso riconoscimento. Ottiene importanti commissioni dalle famiglie fiorentine (Medici compresi), stringe amicizia con Galileo Galilei che nutre per lei grande stima e con Michelangelo Buonarroti .
Dopo aver esaminato le sue vicende personali, vediamo come nasce il suo genio pittorico.
Fin da bambina aveva coltivato l’amore per la pittura, arte rigorosamente riservata agli uomini. Lo stesso padre la incoraggia nella sua scelta intuendo le sue doti: insegnerà a lei il suo mestiere e non ai suoi due altri figli maschi. Le trasmetterà il profondo interesse per il Caravaggio il cui stile influenza i lavori del pittore romano e finirà per influenzare quelli di Artemisia.
Suggerisco di mettere a confronto le tre “ Giuditte” di Artemisia con quella dell’ opera dello stesso contenuto di Caravaggio facilmente esaminabili in vari siti. Naturalmente non sono in grado di esprimere giudizi, ma certamente si fa torto alla produzione di Artemisia se la si considera solo come riscatto dalle violenze subite.
Il catalogo delle opere di Artemisia Gentileschi ha purtroppo problemi attribuitivi, soprattutto con la produzione artistica del padre. Anche la datazione delle opere non risulta chiara. Facendo riferimento al volume di Judith W. Mann e K. Christiansen, due opere risalgono a prima della violenza subita:
Susanna e i vecchioni, Collezione Graf von Schönborn, Pommersfelden, 1610
Madonna col Bambino, Galleria Spada, Roma, 1610-11
Tutte le altre numerose opere sono successive. Sono conservate in Musei e collezioni private in tutto il mondo dall’ America alla Spagna, dalla Francia all ‘Inghilterra. Così per quelle sparse in Italia da Roma a Napoli, da Firenze a Pisa. Ne ricordiamo solo alcune:
Giuditta che decapita Oloferne, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1612-13
Danae, The Saint Louis Art Museum, Saint Louis, (Missouri), ca 1612
Maddalena penitente, Collezione privata (già Marc A. Seidner Collection, Los Angeles), ca. 1615-16
Giuditta con la sua ancella, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1618-19
Allegoria della Pittura, Musée de Tessé, Le Mans, 1620-30
Giuditta che decapita Oloferne, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca. 1620
Cleopatra, Collezione Amedeo Morandorri, Milano, 1621-22 (ritenuto da alcuni studiosi opera del padre)
Susanna e i vecchioni, The Burghley House Collection, Stamford, Lincolnshire, 1622
Giuditta con la sua ancella, The Detroit Institute of Arts, ca. 1625-27
San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1636-37
Davide e Betsabea, The Columbus, Museum of Art, Columbus, Ohio, ca. 1636-38
Artemisia si è imposta come pittrice affrontando la pittura “alta”: soggetti sacri e storici, impianti monumentali, con una totale padronanza della pittura e abbracciando completamente la lezione caravaggesca.