IN EUROPA SEMPRE FERMA L’OPPOSIZIONE DELL’OLANDA AGLI EUROBOND
Il paese dei tulipani è un “paradiso fiscale” ma poi agli altri predica rigore e trasparenza
Mercoledì prossimo 23 aprile si terrà un’ulteriore riunione del Consiglio Europeo, da molti già ribattezzato il “secondo tempo” della delicatissima partita che l’Italia, ma non solo, sta giocando con l’Europa per formalizzare l’indirizzo politico sui nuovi strumenti finanziari anti-covid a livello comunitario. Lo scorso 10 di aprile, in una prima riunione, sullo stesso tema, i Ministri delle
Finanze dei Paesi dell’area euro hanno gettato le basi di un primo accordo, seppur informale.
Bisogna rilevare che decisamente contrari alla proposta italiana in Europa troviamo l’Olanda, quasi convinta la Germania, qualche tentennamento dai Paesi Slavi, mentre al fianco dell’Italia si schierano Spagna e Francia.
Il Presidente francese Macron, nei giorni scorsi, intervistato dal Financial Times, insistendo sulla necessità di creare un fondo europeo di rinascita delle economie post crisi, è tornato a ribadire che questo è il “momento della verità, oltre che il “tempo della solidarietà”. Caso contrario si offrirebbe il fianco ai populisti che prima o poi potrebbero avere, di conseguenza, la meglio con “l’Europa che collasserà”.
Continua, dunque, il pressing su Germania e, ancora di più Olanda, granitica nella sua posizione contro gli eurobond.
Certo ad osservare bene il comportamento degli olandesi c’è da porsi qualche domanda rilevando come loro nel giudicare il modus operandi dei Paesi riuniti nella comunità europea usino due pesi e due misure rispetto a ciò che fanno loro.
L’Olanda, seguita dai Paesi nordici, (Svezia e Finlandia un po’ meno la Norvegia) si erge a paladina dei Paesi virtuosi guidati da governi esempio di rigore maestri di trasparenza e non afflitti da movimenti mafiosi o camorristici (attribuiti, ovviamente, all’Italia come casa madre).
Purtroppo hanno ragione sull’asserire che mafia, camorra e chi più ne ha più ne metta, fioriscono soprattutto nel nostro Paese, ma non possono darsi del “perfettini” perché a ben osservare le cose ci sembra di poter asserire che anche loro qualche magagna ce l’hanno e quindi ci pare che applichino alla perfezione la regola del “fai come dico e non come faccio” o se volete “predicare bene e razzolare male”.
In Olanda, infatti, come in Lussemburgo, si applica un sistema fiscale, in particolare nei confronti delle grandi società multinazionali, molto differente rispetto alle altre Nazioni. Per molto differente, evidente, intendiamo molto favorevole agli utenti. Ciò determina un’attrazione a portare in Olanda e Lussemburgo, le case madri di quelle società multinazionali che operando in tutta Europa rastrellano utili miliardari su tutta l’area europea ma poi pagano le tasse, in misura ridotta, solo in Olanda e Lussemburgo sfuggendo alla tassazione degli altri stati (ben altre 17 Nazioni).
Un danno erariale di notevole importanza messo in evidenza dalla Vice Ministra dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli, che in un post su Facebook ha scritto: “in Europa ci sono dei paradisi fiscali, anche se ogni tanto alcuni stati si dimenticano di far parte di questa ‘categoria’. Il tema che, quanto prima, dovremo affrontare a livello europeo è quello delle politiche fiscali attuate da ciascuno dei Paesi dell’Unione. È chiaro che differenti politiche fiscali, quando il mercato è unico, portano a delle ‘storture‘ che privilegiano alcuni Paesi e ne penalizzano altri”.
“Stando ad alcuni studi, sarebbero circa 23 i miliardi di euro di profitti, realizzati nel nostro Paese, spostati in stati con una tassazione più favorevole. Il risultato è una perdita di gettito per il Fisco italiano di circa 7 miliardi di euro – spiega la Viceministra Castelli – un’Europa che giustamente denuncia la presenza di paradisi fiscali in giro per il mondo, non può permettere che questo meccanismo venga replicato all’interno dell’Unione concedendo, di fatto, vantaggi per alcuni Stati e svantaggi per altri”.
Non ci sembra di dover aggiungere.
Ernesto Luciani