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ALMANACCO DEL GIORNO

ALMANACCO DEL GIORNO

Almanacco di oggi: giovedì 16 marzo 2023

Undicesima settimana dell’Anno 2023

Giorni trascorsi dall’inizio dell’anno 75 * Giorni mancanti alla fine dell’anno 290

A Roma il sole sorge alle 6.20 * tramonta alle 18.18 (ora solare)

A Lecce il sole sorge alle 5.56 * tramonta alle 17.56 (ora solare)

OGGI SI FESTEGGIA: Sant’Eriberto

ACCADDE OGGI: anno 1978 – Sequestro Moro:

L’agguato sanguinario. La tormentata prigionia. La condanna a morte. Tutto in 55 giorni, i più lunghi della storia della Repubblica italiana, che segnarono il passaggio tra due epoche e il tramonto di un progetto politico che, forse, avrebbe potuto scrivere un futuro diverso per il Paese.

Nel panorama dei cosiddetti anni di piombo, il 1977 aveva segnato una decisa svolta verso lo scontro violento sul piano politico e sociale, combattuto tra i gruppi eversivi di sinistra e di destra e tra questi e le forze dell’ordine. Il ’78 non era iniziato con migliori auspici: la sera del 7 gennaio si era consumata la strage di Acca Larentia, in cui avevano perso la vita tre giovani del Movimento Sociale.

Sul piano politico c’era una situazione instabile, che a meno di due anni dalle elezioni aveva già portato alla caduta del governo monocolore della Democrazia Cristiana, guidato da Giulio Andreotti. Di fronte a quest’impasse e per dare una risposta convincente al Paese, attraversato da una profonda crisi sociale, il presidente della DC Aldo Moro sostenne l’ipotesi di un governo di solidarietà nazionale, con la partecipazione dei comunisti.

Si trattava di un gesto politico di considerevole portata, i cui echi oltrepassarono i confini nazionali. Il PCI del segretario Enrico Berlinguer si diceva pronto al compromesso storico, rivendicando lo strappo con Mosca. Le resistenze però erano forti sia all’interno della DC, sia tra gli alleati internazionali dei due principali partiti italiani.
Da un lato gli USA timorosi che, nell’ottica della guerra fredda, un partito filosovietico al governo avrebbe potuto minare i piani militari della NATO. Dall’altro l’URSS giudicava tale prospettiva una forma di emancipazione dal modello sovietico, in favore di quello americano. In questo scenario destò molti sospetti il coinvolgimento di Moro nello scandalo Lockheed, dal nome dell’azienda americana che ammise di aver pagato tangenti a politici e militari stranieri, per vendere a Stati esteri i propri aerei. Ne uscì con una piena assoluzione il 3 marzo, tredici giorni prima che accadesse l’irreparabile.

La mattina di giovedì 16 marzo Moro era atteso alla Camera, dove Andreotti avrebbe dovuto presentare il nuovo governo con il sostegno, per la prima volta, dei comunisti. Alle 9 scese dalla sua abitazione romana e salì a bordo della Fiat 130 blu di ordinanza, seguita dall’Alfetta bianca della scorta. All’incrocio tra via Fani e via Stresa, ad attenderlo un commando di 19 brigatisti (11 secondo un’altra versione), armati di mitragliette automatiche e pronti a far scattare un agguato in pieno stile RAF (gruppo terroristico tedesco di estrema sinistra).
Bloccando il corteo con due auto all’inizio e alla fine dello stesso, e ostruendo le vie di fuga laterali con altri veicoli parcheggiati, i terroristi entrarono in azione facendo fuoco sulla scorta e sulle due guardie del corpo dell’auto blu. La fotografia che si parò davanti alle prime persone accorse sul posto era agghiacciante: sulla strada un tappeto di bossoli e sangue, nei due abitacoli crivellati di colpi i corpi senza vita di Domenico Ricci (appuntato dei Carabinieri), Oreste Leonardi (maresciallo dell’Arma), Francesco Zizzi (vice brigadiere di Polizia), Giulio Rivera e Raffaele Jozzino (entrambi agenti di Polizia).

Passarono 48 ore prima che le Brigate Rosse rivendicassero l’attentato e il sequestro di Moro, attraverso una foto dello stesso, ritratto con alle spalle la famigerata “stella a cinque punte” e un comunicato in cui si annunciava che il presidente della DC sarebbe stato processato da «un tribunale del popolo». La reazione dei cittadini si tradusse in cortei e manifestazioni per gridare il proprio dissenso alla violenza brigatista.
Le istituzioni reagirono approvando una serie di “leggi speciali” volte a dare più poteri alle forze dell’ordine e agli investigatori nell’attività di contrasto al terrorismo. Sul piano politico emersero forti divisioni tra chi era per trattare con i sequestratori, come il PSI, e la maggioranza (DC e PCI in testa) che era invece per la linea dura. Nonostante il dispiegamento di forze, con migliaia di blocchi stradali e perquisizioni, le indagini sembravano non portare da nessuna parte.

Nei 55 giorni che seguirono ci fu uno stillicidio di comunicati delle BR, ipotesi giornalistiche e polemiche politiche, con il blocco moderato che accusava l’area comunista di essere contigua agli ambienti brigatisti. Il conflitto sociale non si fermò e alcuni episodi, come l’omicidio di due giovani di sinistra del centro sociale “Leoncavallo”, lo esacerbarono ulteriormente. Nel frattempo le speranze di vedere liberato Moro si facevano sempre più deboli, nonostante gli accorati appelli di personalità di rilievo mondiale, come papa Paolo VI e il presidente degli Stati Uniti d’America, Jimmy Carter.

Il 6 maggio, le BR comunicarono l’esecuzione della condanna a morte. Tre giorni dopo il corpo di Moro fu rinvenuto in via Caetani, nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, parcheggiata, simbolicamente, tra via delle Botteghe Oscure e Piazza del Gesù (dove avevano sede rispettivamente il PCI e la DC). Della strage di via Fani e dell’omicidio Moro furono accusati e processati 14 brigatisti, la maggior parte dei quali oggi è in regime di semilibertà.
Inchieste giornalistiche successive fecero emergere il possibile coinvolgimento nella vicenda di altri soggetti, tra cui la loggia P2, la rete clandestina della NATO e i servizi segreti di diversi paesi. A supportarle gli innumerevoli ritardi e punti oscuri nelle indagini svolte all’epoca dei fatti e alcuni aspetti nella dinamica del sequestro e della prigionia, secondo alcuni, non riconducibili al modus operandi tipico delle Brigate Rosse.

EVENTO SPORTIVO: anno 1898 – Nasce la FIGC:

A Torino nel 1898 fu fondata la “Federazione Italiana del Football” (FIF), denominazione mantenuta fino al 1909 quando divenne Federazione Italiana Giuoco Calcio, ugualmente nota con l’acronimo FIGC.
Inizialmente vi aderirono cinque società: Genoa Cricket and Athletic Club, Football Club Torinese, Internazionale Torino, Reale Società Ginnastica Torino e Unione Pro Sport Alessandria. Il primo presidente fu l’ingegnere Mario Vicary.

La Federazione, riconosciuta dalla FIFA nel 1905 (è nell’UEFA sin dalla costituzione di quest’ultima nel 1954), organizzò immediatamente il primo campionato di calcio italiano vinto dal Genoa, con un torneo svoltosi in un giorno a Torino.

La FIGC, nel terzo millennio, dirige e organizza l’attività delle squadre nazionali, controlla i campionati professionistici (Lega di Serie A, Lega di Serie B, Lega di Serie C) e i campionati a carattere dilettantistico sia a livello interregionale (Serie D, Calcio a 5, Calcio femminile) che a livello regionale attraverso i Comitati Regionali e le Delegazioni Provinciali e Locali.

NACQUERO OGGI:

anno 1920 – Tonino Guerra (+2012)

anno 1941 – Bernardo Bertolucci (+2013)

anno 1977 – Manuela Levorato

anno 1979 – Luca Tencani

LA FRASE CELEBRE (Aforisma):

Non smettere d’imparare, sia tua cura accrescere ciò che sai, Raramente la sapienza è data dalla vecchiaia (Catone il Censore)

IL PROVERBIO DEL GIORNO:

Ci mangia sulu se ‘nfoca. (Chi mangia solo si affoga.)

I DOODLE DI GOOGLE: Cesar Vallejo:

Pur avendo pubblicato in vita solo tre libri di poesie, César Abraham Vallejo Mendoza è considerato uno dei grandi innovatori nella letteratura del XX secolo, sempre in anticipo su qualsiasi corrente.

Nato a Santiago de Chuco (un villaggio del Perù), sperimentò di persona, lavorando in una piantagione di canna da zucchero, le condizioni di sfruttamento dei contadini che riportò in versi nei suoi scritti. La sua vicinanza al mondo intellettuale socialista e le sue idee rivoluzionarie gli procurarono l’avversione delle autorità peruviane, fino all’arresto. Costretto all’esilio a Parigi, trascorse qui gli ultimi anni di vita, per gran parte in estrema povertà.

L’immagine mesta di Vallejo seduto su una panchina è stata ripresa nel doodle locale (visibile in Perù), pubblicato da Google nel 2012, nel 120° anniversario della sua nascita.

luciani.2006@libero.it

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