IL CALCIO IN ATTESA DI DECISIONI GOVERNATIVE SI CHIEDE SE POTRÀ SOPRAVVIVERE AL CORNAVIRUS
Il calcio sta giocando una partita non sul prato verde dei vari stadi italiani ma sui tavoli di discussione tra Governo nazionale e il proprio establishment. È in atto, infatti, un confronto durissimo tra il ministro Spadafora e il presidente della Federcalcio Lega Gravina con il primo che sembra propenso a far chiudere la stagione agonistica alla ventiseiesima giornata e il secondo che, invece, vuole assolutamente portarla a termine, fermo restando il concetto prioritario della salute degli addetti ai lavori.
Esiste quindi un clima di incertezza e di paura di decidere che determina molti dubbi sul futuro del nostro calcio.
L’azienda calcio, nel suo globale, è la terza industria del Paese con oltre novanta mila addetti ai lavori tra dirigenti, tecnici e calciatori e dipendenti amministrativi, ma soprattutto è un gruppo di società/aziende che sono indebitate sino al collo e non in grado di resistere ad un danno economico come quello che si prospetta debbano subire in conseguenza del coronvirus.
Gabriele Gravina, ha di recente ribadito, senza mezze misure, la posizione che ha assunto sin dal primo momento: “Come presidente devo tutelare gli interessi del sistema, mi rifiuterò sempre di mettere una firma sulla chiusura dei campionati, salvo che ci siano condizioni oggettive, reali, in relazione alla tutela della salute dei tesserati e degli addetti ai lavori. Ma qualcuno me lo deve dire in modo chiaro e mi deve impedire di andare avanti”.
Gravina quindi, per usare un linquaggio calcistico, passa la palla al Governo, in particolare al ministro Vincenzo Spadafora. La decisione finale la prendano loro.
Sempre nello stesso incontro, via web, Gravina ha quantificando il danno economico che, in caso di stop definitivo, ammonterebbe a 700/800 milioni di euro; danno che se, invece, si dovesse riprendere, anche a porte chiuse, si ridurrebbe a poco più della metà (400/500 milioni). Scenderebbe moltissimo (100/150 milioni) se si dovesse riprendere a porte aperte, ma questo, è pressoché impossibile che avvenga.
Un ulteriore danno a carico delle società, in caso di chiusura della stagione, pioverebbe in conseguenza della clausola tra la Lega A con i broadcaster; si parla di un danno di 400 milioni di euro.
Di fronte a queste cifre da capogiro c’è poco da scherzare e, seppure capiamo che è difficile da prendere, è necessario che il Governo assuma le sue responsabilità e decida sul da farsi senza delegare ad altri.
In tutto questo bisogna tener presente che le società vogliono sapere velocemente e senza dubbio alcuno se ci se ci sarà il blocco del calcio come in Francia o meno. Come noto sono 18 le società che vogliono tornare a giocare mentre solo Torino e Brescia sarebbero per il no alla ripresa.
Sull’altra sponda c’è il ministro Spadafora che il percorso per la ripartenza è un sentiero sempre più stretto e che la ripresa degli allenamenti, che dovrebbe avvenire dal 18 maggio in poi, ci sarà se il nuovo protocollo che sarà presentato nei prossimi giorni sarà ritenuto idoneo, ma che questo, ha precisato Spadafora, non vuol dire che l’inizio del campionato è già deciso.
A questo punto si resta tutti in attesa della decisione giusta, certamente da cosa si farà dipenderà il futuro del calcio nostrano.
Ernesto Luciani