HomeCronaca e AttualitàComune sciolto per mafia, ex amministratori «compiacenti» non più candidabili nonostante l’archiviazione penale.

Comune sciolto per mafia, ex amministratori «compiacenti» non più candidabili nonostante l’archiviazione penale.

Comune sciolto per mafia, ex amministratori «compiacenti» non più candidabili nonostante l’archiviazione penale.

Pesa la consuetudine col pregiudicato e la consegna di sussidi con materiale elettorale. Decisivi gli esposti anonimi

Per far scattare l’incandidabilità a carico di sindaci e assessori di un Comune sciolto per mafia, non serve verificare che questi abbiano commesso degli illeciti penali, basta che siano stati “compiacenti” con i boss locali. La Cassazione con l’ordinanza 9928/2024, pubblicata il 12 aprile 2024, ricorda infatti che la misura, non di tipo penale, ha lo scopo di ristabilire la fiducia tra cittadini e istituzioni: un passo indispensabile perché gli enti locali possano svolgere correttamente i loro compiti. Nel dettaglio non può presentarsi alle elezioni l’assessore del Comune sciolto per mafia nonostante l’archiviazione in sede penale. Il divieto di presentarsi alle consultazioni europee, politiche o amministrative per due turni, scatta non solo in caso di condanna ma anche quando l’amministratore locale non riesce a contrastare le pressioni dei clan e tiene una condotta opaca che si riflette sulla cattiva gestione della cosa pubblica.

Decisivi gli esposti anonimi: denunciano che il politico consegna di persona i sussidi del Comune insieme a materiale elettorale e fra i beneficiari c’è un pregiudicato già sottoposto a sorveglianza speciale. Accolto il ricorso proposto dal Viminale dopo che uno dei consiglieri comunali è scampato all’incandidabilità dichiarata per il sindaco e altri amministratori: il Comune sciolto per le infiltrazioni dei clan, che condizionano gli appalti; dai bagni pubblici ai cimiteri, dal verde pubblico ai semafori, nella manutenzione lavorano società legate alla criminalità organizzata locale.

All’assessore, tuttavia, si contesta solo una gestione disinvolta dei contributi sociali a carico dell’ente, anche se in sede penale sono archiviate le accuse di tentata concussione e falso in atto pubblico. Secondo gli esposti il membro della Giunta scavalca il dirigente del Comune competente e consegna direttamente il denaro dei sussidi ai beneficiari insieme al materiale elettorale: è un’ingerenza nell’attività dell’apparato burocratico dell’ente.

Per gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “Sbaglia la Corte d’appello di Bari a sminuire gli episodi, sul rilievo che la famiglia del pregiudicato è comunque bisognosa e la denuncia arriva da chi non è disposto a metterci la faccia: pesano le intercettazioni che mostrano toni confidenziali ma anche pressioni del presunto boss sull’assessore. A far scattare l’incandidabilità, del resto, non serve una condanna per concorso esterno ma basta una condotta inefficiente che favorisce i clan. Gli esposti anonimi, poi, possono essere utilizzati come indizi: anche nel procedimento penale sono in grado di far scattare le indagini, pur se non possono essere impiegati come mezzi di prova”.

Per i giudici è abbastanza per evitare, nell’interesse dei cittadini, che gli stessi amministratori si trovino di nuovo a gestire la cosa pubblica.

 

luciani.2006@libero.it

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