LA DONNA NELLA STORIA: NATALIA GINZBURG
Natalia Ginzburg, nata Levi a Palermo 14 luglio 1916, è stata una scrittrice, drammaturgo, traduttrice e politica italiana, figura di primo piano della letteratura italiana del Novecento.
Natalia Levi, figlia di Giuseppe Levi, illustre scienziato di origine ebraica, e di Lidia Tanzi. Il padre è professore universitario e insieme ai tre figli maschi lei sarà imprigionato con l’accusa di antifascismo.
Natalia trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Torino, in stato di emarginazione, dove frequenta il ginnasio e trova presto conforto nella scrittura.
Esordisce nel 1933 con il suo primo racconto, I bambini, pubblicato dalla rivista “Solaria”, e nel 1938 sposa Leone Ginzburg, col cui cognome firmerà in seguito tutte le proprie opere. Dalla loro unione nacquero due figli e una figlia:Carlo (Torino, 15 aprile 1939), che diverrà un noto storico e saggista, Andrea (Torino, 9 aprile 1940 – Bologna, 4 marzo 2018) e Alessandra (Pizzoli, 20 marzo 1943). In quegli anni stringe legami con i maggiori rappresentanti dell’antifascismo torinese e in particolare con gli intellettuali della casa editrice Einaudi della quale il marito, docente universitario di letteratura russa, era collaboratore dal 1933.
Nel 1940 segue il marito, inviato al confino per motivi politici e razziali a Pizzoli in Abruzzo, dove rimane fino al 1943.
Nel 1942 scrive e pubblica, con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte, il primo romanzo, dal titolo La strada che va in città, che verrà ristampato nel 1945 con il nome dell’autrice.
In seguito alla morte del marito, torturato e ucciso nel febbraio del 1944 nel carcere romano di Regina Coeli, nell’ottobre dello stesso anno Natalia giunge a Roma, da poco liberata, e si impiega presso la sede capitolina della casa editrice Einaudi. Nell’autunno del 1945 si ristabilisce a Torino, dove nel frattempo sono rientrati anche i suoi genitori, i due figli e la figlia, che durante i mesi dell’occupazione tedesca si erano rifugiati in Toscana.
Nel 1947 esce il suo secondo romanzo È stato così che vince il premio letterario “Tempo”.
In quello stesso periodo, come ha rivelato Primo Levi a Ferdinando Camon in una lunga conversazione diventata un libro nel 1987 e poi lo stesso Giulio Einaudi in una intervista televisiva, dà parere negativo alla pubblicazione di “Se questo è un uomo”. Il libro uscirà con una piccola casa editrice, la De Silva di Franco Antonicelli, in 2500 copie, e solo nel 1958 verrà riproposto da Einaudi diventando il grande classico che conosciamo.
Nel 1950 sposa l’anglista Gabriele Baldini, docente di letteratura inglese e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra, con il quale concepirà la figlia Susanna (4 settembre 1954 – 15 luglio 2002) e il figlio Antonio (6 gennaio 1959 – 3 marzo 1960. Inizia per Natalia un periodo ricco in termini di produzione letteraria, che si rivela prevalentemente orientata sui temi della mempria e dell’indagine psicologica. Nel 1952 pubblica Tutti i nostri ieri; nel 1957 il volume di racconti lunghi, Valentino, che vince il premio Viareggio e il romanzo Sagittario; nel 1961 Le voci della sera che, insieme al romanzo d’esordio, verrà successivamente raccolto nel 1964 nel volume Cinque romanzi brevi.
Nel 1962 esce la raccolta di racconti e saggi Le piccole virtù, e nel 1963 Natalia Ginzburg vince il premio Strega con Lessico famigliare, memoir che viene accolto da un forte consenso di critica e di pubblico.
Nel decennio successivo seguono, nella narrativa, i volumi Mai devi domandarmi del 1970 e Vita immaginaria del 1974. In questo periodo Natalia Ginzburg è anche collaboratrice assidua del Corriere della Sera, che pubblica numerosi suoi argomenti di critica letteraria, cultura, teatro e spettacolo. Tra questi, una sua lettura critica, con uno sguardo al femminile, del film Sussurri e grida ottiene un forte riscontro nel panorama letterario e culturale nazionale, divenendo un punto di riferimento per la critica bergmaniana.
Nella successiva produzione la scrittrice, che si era rivelata anche fine traduttrice con La strada di Swann di Proust, ripropone in modo più approfondito i temi del microcosmo familiare con il romanzo Caro Michele del 1973, il racconto Famiglia del 1977, il romanzo epistolare La città e la casa del 1984, oltre al volume del 1983 La famiglia Manzoni, visto in una prospettiva saggistica.
Natalia Ginzburg è stata inoltre autrice di commedie tra le quali Ti ho sposato per allegria del 1965 e Paese del 1972.
Nel 1969 per Natalia, che ha 53 anni, c’è una svolta nella vita della scrittrice: muore il secondo marito e, mentre comincia in Italia, con la strage di piazza Fontana, il periodo cosiddetto della strategia della tensione, la Ginzburg intensifica il proprio impegno dedicandosi sempre più attivamente alla vita politica e culturale del Paese,[ in sintonia con la maggioranza degli intellettuali italiani militanti orientati verso posizioni di sinistra.
Nel 1971 sottoscrive, assieme a numerosi intellettuali, autori, artisti e registi, la lettera aperta a l’Espresso sul caso Pinelli, documento attraverso cui si denunciano, riguardo alla morte di Giuseppe Pirelli, le presunte responsabilità dei funzionari di polizia della questura di Milano (con particolare riferimento al commissario Luigi Calabresi). Tale adesione verrà più volte ricordata dalla stampa in seguito al matrimonio della nipote della Ginzburg, Caterina, con Mario Calabresi, figlio del commissario nel frattempo assassinato. Nello stesso anno si unisce ai firmatari di un’autodenuncia di solidarietà verso alcuni giornalisti di Lotta Continua accusati di istigazione alla violenza.
Nel 1976 partecipa alla campagna innocentista in favore di Fabrizio Panzieri e Alvaro Lojacono i due militanti di Potere Operaio che saranno poi condannati per i reati a loro imputati (tra cui l’omicidio dello studente nazionalista greco Mikis Mantakas).
Nel 1983 viene eletta al Parlamento nelle liste del Partito Comunista Italiano.
Il 25 marzo 1988 scrive per L’Unità un articolo divenuto famoso, dal titolo: Quella croce rappresenta tutti, difendendo la presenza del simbolo religioso nelle scuole e opponendosi alle contestazioni di quegli anni.
Muore a Roma nelle prime ore dell’8 ottobre 1991. È sepolta al Cimitero del Verano di Roma.
Ottavia Luciani