L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO
L’INTREPIDO di Enzo Milano
Ci sono uomini nati per combattere: uno di questi fu sicuramente Giuseppe Bavastro, corsaro italiano, autore di imprese leggendarie nei primi anni del 1800, della cui esistenza tuttavia non sapevo assolutamente nulla finché non ho letto “L’intrepido” di Enzo Milano, liberamente ispirato alle vicende della sua vita. L’autore comincia a narrare la sua storia dal 1800 quando, al servizio dell’amico d’infanzia Andrea Massena (diventato maresciallo dell’armata francese), con le sue piccole imbarcazioni forzava ripetutamente il blocco navale imposto a Genova dai vascelli da guerra della Royal Navy. E’ proprio in quelle circostanze che compie la sua prima impresa passata alla storia: incapace di sopportare l’arroganza di una nave inglese che ogni notte si avvicinava indisturbata alla costa per cannoneggiare Genova, Bavastro mise insieme un equipaggio di coraggiosi e, a bordo di una vecchissima galea armata di nascosto con tre sparuti cannoni, riuscì a tagliare in due lo scafo inglese con un paio di colpi ben assestati, a sfuggire al fuoco delle altre navi inglesi e a sopravvivere al corpo a corpo che ebbe luogo sul ponte in seguito all’inevitabile abbordaggio.
Dal racconto di questa impresa l’autore prende le mosse per tratteggiare la figura di un uomo pieno di ardore ed entusiasmo, capace di “sentire” il mare al punto da saper sfruttare le caratteristiche di ogni legno ai suoi ordini, per quanto vecchio, piccolo e inadeguato, per compiere quasi istintivamente manovre che ad altri non sarebbero forse riuscite dopo settimane di calcoli accurati. Per seguire il suo spirito avventuroso, Bavastro non esita ad allontanarsi dalla famiglia: l’esaltazione che prova durante la battaglia non può competere con la vita monotona di un normale padre di famiglia, e la sua sete di scontri, di vittorie e di conquiste lo porterà a impegnarsi in imprese sempre più rischiose e sempre più lontane. La narrazione procede con ritmo serrato e uno stile molto semplice: all’inizio si ha forse la sensazione che lo sia fin troppo, con tanti termini specifici per descrivere le imbarcazioni dell’epoca, le loro parti e le loro manovre in battaglia e poche parole per raccontare pensieri, stati d’animo e motivazioni di questo corsaro senza paura, intrepido come il nome dello sciabecco che si è fatto costruire su misura perché sia pronto e scattante ai suoi ordini.
A un certo punto tuttavia ci si rende conto che, pur essendo scritto in terza persona, il punto di vista di Bavastro è proprio quello che dà voce a tutto il romanzo ed è la voce di un uomo semplice, ostinatamente analfabeta, che ha sempre agito seguendo l’istinto e la sua capacità di leggere le situazioni in modo rapido, pratico e concreto, senza curarsi affatto di contesti, ordini e gerarchie. Queste sue caratteristiche lo rendono pericolosamente imprevedibile in battaglia, tanto da risultare una spina nel fianco per la Royal Navy per molti anni, ma sono anche la sua debolezza: quando la situazione politica si complica e si renderebbe necessario cavalcare con astuzia e opportunismo i mutati equilibri di forze nel Mediterraneo, mentre molti suoi contemporanei riescono a ricollocarsi e a ricostruirsi una carriera, Bavastro scivola pian piano in disgrazia, assediato dalla stanchezza, dalla solitudine e dalla disillusione.
Un romanzo che, come apertamente dichiarato dall’autore, si prende diverse libertà con la verità storica, ma che ha il merito di restituire alla memoria la figura di un uomo che ha vissuto con coraggio seguendo il proprio cuore e i propri talenti: non sono così tutte le persone che finiscono per compiere imprese straordinarie?