L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO:
LA MENNULARA di Simonetta Agnello Hornby
Oggi, suggeriamo il romanzo di esordio della scrittrice anglo-siciliana Simonetta Agnello Hornby “La Mennulara”, scritto nel 2002. Il romanzo è ambientato nella Sicilia di metà Novecento, in un paesino chiamato Roccacolomba. La protagonista è Maria Rosaria Inzerillo, detta Mennulara, cioè raccoglitrice di mandorle. Una donna che, ufficialmente, era la cameriera della famiglia Alfallipe ma che ha sempre gestito, in modo mirabile, il patrimonio della famiglia. Una donna che sapeva solo leggere ma non scrivere, estremamente intelligente e onesta, una donna forte e volitiva, una donna che custodiva un grande segreto.
Il libro è estremamente coinvolgente, la protagonista suscita, nel lettore, sentimenti contrastanti odio, amore, compassione, stima ma soprattutto rispetto. Eccovi un breve assaggio: «Era una buia serata di dicembre, quando cala la notte alle quattro di pomeriggio, e loro due se ne tornavano in macchina dalla campagna. La Mennulara gli era seduta accanto, come soleva fare quando viaggiavano soli, arie da padrona con lui non se ne dava. Aveva preso da poco le redini dell’amministrazione degli Alfallipe ed era un periodo di conflitto tra lei e i mezzadri, restii ad accettare la sua autorità. Erano i tempi del bandito Giuliano, delle proteste dei braccianti, della lotta tra il vecchio ordine e una mafia in profonda trasformazione, una mafia sempre più aggressiva e consapevole del ruolo che si avviava a ricoprire nel conflitto politico e di classe nell’Italia democristiana. Ogni visita in campagna era un’avventura e un nuovo scontro. Per Don Paolino, amante del quieto vivere, il momento migliore era quello in cui si partiva dalla masseria, carichi di viveri e prodotti dell’orto.
Quel giorno l’automobile odorava di verdura appena raccolta e del profumo delle prime arance dell’annata. Don Paolino la guidava con cautela, pregustando la verdura bollita, con un filo d’olio nuovo e uno spruzzo di limone, che avrebbe mangiato a cena. Procedeva lentamente e con attenzione per la stradella piena di buche e pietre infide. Aveva sterzato con prudenza sulla lunga curva che seguiva il costone della montagna, a picco su un burrone pieno di rovi e sassi. Proprio allora, dopo la curva, avvenne il fermo. Tre uomini bloccavano la strada: li stavano aspettando.
Uno era al centro della stradella, gli altri ai lati, la lupara puntata; soltanto gli occhi gli si vedevano, schiacciati tra la coppola e la sciarpa che copriva il volto. La reazione della Mennulara fu immediata: gli pose la mano sulla coscia, senza vergogna, e gli disse: “Quando vi dico di andare, mettete la prima e andate veloce, capito? Ora fermatevi e fate come dicono”.
L’uomo al centro della strada urlò: “Spegnete i fari!”. Nella confusione don Paolino accese gli antiabbaglianti e si fermò. “Ti ho detto di spegnere i fari, cretino!” urlò ancora quello. Don Paolino obbedì e rimasero al buio. La Mennulara nel frattempo aveva abbassato il finestrino e senza aspettare che quello dal lato suo si avvicinasse, disse a voce alta e sicura, sporgendo fuori la testa: “Che volete?”. L’uomo si mosse lentamente, la lupara ancora puntata, e sempre guardandola diritto in faccia chiese: “E’ questa la macchina dell’avvocato Alfallipe?”. Il suo compagno, intanto osservava l’interno dell’automobile attraverso i finestrini, per assicurarsi che non vi fossero altri passeggeri.
La Mennulara rispose: “Lo sapete benissimo che questa macchina appartiene all’avvocato Alfallipe e che io sono la Mennulara, Maria Rosalia Inzerillo, e che questo al volante è don Paolino Annunziata, autista dell’avvocato. Devo tornare in paese a fare servizi a casa Alfallipe, perciò affrettatevi a dirmi ciò che mi dovete dire.” […] Questi fece la lupara lungo il fianco e posò lentamente il braccio sinistro sul finestrino abbassato; poi, prendendosi tutto il suo comodo, parlò: “Signorina questo è un avvertimento per voi: andare in campagna non vi fa bene, l’aria di paese è più salutare assai e meglio è che fate la cameriera a casa dell’avvocato Alfallipe senza prendervi pensiero di cose che a voi non vi riguardano”. […] La voce tonante di lei lo fece sobbalzare. Sbraitava, sputacchiando da tutte le parti, eppure le parole erano chiare e semplici: “A me così non parla nessuno, ma capisco che non è colpa vostra, o dei signori che sono con voi oggi, non vi hanno spiegato bene com’è la situazione, e non spetta a me dirvelo ora. Fatemi la cortesia di andare a riferire a don Vincenzo Ancona che la Mennulara gli manda i suoi saluti e che lo chiamerò presto, che non si scomodi a contattarmi, gli manderò una voce quando sono pronta a parlargli e che non si preoccupi, ‘fimmina di panza’ sono io, e ci rimango. Mi raccomando a voi di dargli questo messaggio subito, e ditegli pure che io non me ne faccio offesa di questo incontro con voi tutti, e non me la prendo a male, tanto di altri incontri non ce ne saranno, e mi avete fatto ritardare di poco il ritorno in paese. Ora devo andare, perché don Vincenzo lo sa bene che ‘serva’ e criata sono, della famiglia Alfallipe. Lui lo sa perché è così, lui tutto sa, e sa pure che ora devo badare alle proprietà dell’avvocato. In campagna ci devo venire; e l’aria di campagna a me fa bene assai. Quando ho bisogno di aiuto, non mi vergognerò a chiamarlo, lui lo sa che lo rispetto. Nel frattempo, buone feste e buon Natale a tutti voi, e ora spostatevi che sono in ritardo”».