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L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO

L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO

LA VITA DELL’OPOSSUM di Dolly Freed

Questa settimana consigliamo il libro “La Vita dell’Opossum”, sottotitolato “Vivere bene senza un lavoro e (quasi) senza denaro”, scritto da Dolly Freed, uno pseudonimo utilizzato dall’autrice. Il libro fu scritto nel 1978 e venne ripubblicato nel 2008 negli Usa, in Italia è stato pubblicato per la prima volta nel marzo 2013.
Dolly Feed è una diciottenne che racconta i cinque anni trascorsi con il padre in una fattoria, vicino Philadelphia. Dolly e il padre hanno vissuto spendendo 700 euro all’anno procurandosi cibo e generi di prima necessità per vivere in modo dignitoso. Una guida, sia teorica che pratica, per ridurre i consumi, per imparare a coltivare l’orto, fare il vino, preparare conserve, allevare conigli. In un periodo di profonda crisi come quella attuale questo libro può fornire idee e suggerimenti e soprattutto far riflettere.
Ecco un brano dal capitolo Abbigliamento: «L’acquisizione di prestigio e di un certo status spesso passa per l’abbigliamento questo, odio doverlo dire, sembra essere vero soprattutto per le donne.
Una volta, quando papà lavorava ancora per la Manpower, prestò servizio per due settimane presso una ditta che vendeva abiti da donna alla moda. Le signore arrivavano – persone di tutti i tipi e ceti sociali, di solito piene di amiche – e iniziavano a comprare (ovviamente a rate). L’impressione data era che non avessero realmente bisogno di quei vestiti, ma che attraverso il volume dei loro acquisti volessero fare colpo sulle amiche e sulla commessa. Poi, davanti a tutti, si mettevano d’accordo su quali bugie avrebbero raccontato al marito circa il prezzo dei diversi capi.

Personalmente non riesco proprio a capire questa mentalità, e certamente loro non capirebbero la nostra, quindi siamo pari.

Noi compriamo i vestiti nei negozi dell’usato. Siamo molto fortunati perché i prezzi del negozietto della nostra parrocchia sono molto ragionevoli (i negozi dell’usato sono molto diversi tra loro). Tutto il guardaroba di papà, escluso le scarpe da ginnastica, è costato circa dieci dollari, mentre il mio, sempre escludendo le scarpe, è costato una quindicina di dollari.

So che cosa state pensando che sono una povera stracciona e che papà assomiglia allo spaventapasseri de Il Mago di Oz. Orbene, come posso dirlo senza sembrare presuntuosa? La verità è che quando mi metto in ghingheri sono uno schianto. Vado agli appuntamenti e nessuno sembra vergognarsi di farsi vedere con me. Papà, invece, continua a sembrare uno spaventapasseri, ma anche lui riesce a rendersi presentabile quando vuole.
Va bene, risponderete voi, ma come ci vanno a finire tutti questi bei vestiti nei negozi dell’usato? La risposta è semplice: le signore che hanno bisogno di sfoggiare il loro potere di acquisto hanno anche bisogno di fare spazio nei loro armadi prima di comprare altri vestiti. Inoltre, molte si mettono a dieta e perdono peso, e allora si concedono un guardaroba nuovo di zecca per festeggiare, poi riacquistano peso e dei vestiti nuovi non se ne fanno più nulla.

Possiedo una macchina da cucire che non uso mai, perché è sicuramente più economico comprare vestiti usati piuttosto che i cartamodelli e la stoffa per crearli.

I negozi dell’usato, poi, offrono un’ampia scelta di vestiti per bambini, perché, si sa, i bambini crescono velocemente».

luciani.2006@libero.it

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