L’ANGOLO DEDICATO AL LIBRO
DAVID COPPERFIELD di Charles Dickens
Questa settimana consigliamo il celebre romanzo, scritto da Charles Dickens, “David Copperfield”, che venne pubblicato per la prima volta a puntate mensili tra il 1849 e il 1850.
Il protagonista è David che narra in prima persona la sua vita, partendo dall’infanzia fino alla maturità. David è attorniato da numerosi co-protagonisti, che accompagnano la sua crescita e compaiono, scompaiono per poi ricomparire all’interno delle pagine del libro.
Dopo aver trascorso un’infanzia felice insieme alla madre e alla cara domestica, David è costretto dall’arcigno e aggressivo patrigno a frequentare un severo collegio e poi a lavorare nella sua industria.
Una storia ricca di descrizioni avvolgenti, emozioni, personaggi e suggestioni. Un romanzo che, nonostante la sua mole, riesce a trasportare il lettore nella lettura e negli avvenimenti che si susseguono. La morale è dedita alla giustizia sociale, numerosi gli insegnamenti e le riflessioni universali sulla natura umana.
Numerosi sono stati i film e i cortometraggi ispirati al libro. Di seguito un breve brano del libro: «Si vedrà da queste pagine se sarò io o un altro l’eroe della mia vita. Per principiarla dal principio, debbo ricordare che nacqui (come mi fu detto e credo) di venerdì, a mezzanotte in punto. Fu rilevato che nell’istante che l’orologio cominciava a battere le ore io cominciai a vagire.
Dalla infermiera di mia madre e da alcune rispettabili vicine, alle quali stetti vivamente a cuore parecchi mesi prima che fosse possibile la nostra conoscenza persona le, fu dichiarato, in considerazione del giorno e dell’ora della mia nascita, primo: che sarei stato sfortunato; secondo: che avrei goduto il privilegio di vedere spiriti e fantasmi; giacché questi due doni toccavano inevitabilmente, com’esse credevano, a quegli sciagurati infanti dell’uno o dell’altro sesso, che avevano la malaugurata idea di nascere verso le ore piccole di una notte di venerdì.
Sulla prima parte della loro predizione non è necessario dir nulla, perché nulla meglio della mia storia può dimostrare se sia stata confermata o no. Sulla seconda osservo soltanto che, giacché in fasce non mi avvenne di veder gli spiriti, a quest’ora sono sempre in attesa d’una loro visita. Ma non mi lagno di non aver goduto questo onore; e se c’è qualcuno che presentemente lo gode e se ne compiace, buon pro gli faccia, e senza invidia!
Nacqui con la camicia, e questa fu offerta in vendita sui giornali al modesto prezzo di quindici ghinee. Se la gente che solcava i mari a quel tempo fosse scarsa a denari o fosse invece di poca fede, e preferisse cinture e indumenti di sughero, non so: il fatto sta che non vi fu che una sola e unica domanda di acquisto; e questa da parte di un agente di cambio, che offriva due sterline in moneta e il resto in vino di Xères; ma che rifiutava per un prezzo più alto di esser garantito dall’annegare. Quindi l’annuncio fu ritirato in pura perdita – a proposito di vino di Xères, era stato venduto allora quello posseduto da mia madre, – e dieci anni dopo la camicia fu messa in lotteria fra cinquanta persone del vicinato a mezza corona a testa, con l’obbligo per il vincitore di sborsare altri cinque scellini. All’estrazione ero presente anch’io, e ricordo d’essermi sentito molto imbarazzato e confuso per quella gestione d’una parte di me stesso.»