LE DONNE NELLA STORIA: MARIA MONTESSORI
Prima donna medico ma anche pedagogista, filosofa e altro ancora
Nata a Chiaravalle il 31 agosto 1870, Maria Montessori, è stata prima di tutto una pedagogista, ma anche filosofa, medico, scienziata, educatrice e, infine, volontaria. Famosa nel mondo per il metodo che prende il suo nome usato in migliaia di scuole materne, ma anche elementari, medie e superiori in moltissime nazioni. Nacque da Alessandro e Renilde Stoppani a Chiaravalli, provincia di Ancona. Il padre era un impiegato di concetto, la madre, donna istruita, era amante della letteratura, entrambi sensibili alle nuove idee politiche del periodo. Da parte materna, Maria Montessori era nipote di Antonio Stoppani, abate e naturalista, celebre anche ai nostri giorni per essere stato autore del fortunato volume “Il Bel Paese”. La giovane Maria Montessori ebbe proprio nel nonno, l’abate Stoppani, un punto di riferimento e nella madre un costante sostegno alle sue idee innovative e alle sue scelte di vita insolite per l’epoca, anche in contrasto con un certo conservatorismo del padre. Maria, dopo esser vissuta con la propria famiglia prima a Firenze si trasferì, sempre con i suoi, a Roma e qui venne iscritta alla scuola preparatoria comunale di Rio Ponte. Da piccola Maria era piuttosto vivace e gli studi elementari non erano stati molto brillanti, anche a causa di problemi di salute, come una lunga rosolia. Studiò francese e pianoforte, che, però, abbandonò presto. Verso gli undici anni cominciò ad appassionarsi agli studi. La sua passione giovanile era l’arte drammatica. Eccellente in italiano, presentava però lacune in grammatica e matematica. Nel febbraio del 1884 si era aperta a Roma una scuola governativa femminile: la “Regia scuola tecnica” (oggi Istituto Tecnico “Leonardo Da Vinci”, in via degli Annibaldi). La fondazione di questa scuola rientrava nel piano di politica scolastica dell’Italia post-unitaria. Maria fu tra le prime dieci alunne e si diplomò con 137/160.
Particolarmente votata alle materie scientifiche, soprattutto ,matematica e biologia supererà dei contrasti con i genitori che avrebbero voluto avviarla alla carriera di insegnante. Si iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, e sarà la prima donna a laurearsi in medicina nel 1896 dopo l’unità d’Italia. Maria si dedica con passione e metodo alla ricerca in laboratorio e oltre ai corsi di batteriologia e microscopia segue il corso di ingegneria sperimentale. Studia anche pediatria all’Ospedale dei bambini, le malattie delle donne, nei reparti del San Giovanni in Laterano (Roma), e quelle degli uomini al Santo Spirito di Sassia (Roma). Maria è tanto una studentessa capace da vincere un premio di mille lire dalla Fondazione Rolli per un lavoro in patologia generale. Nel 1895 Maria vince un posto di “aggiunto in medicina” degli ospedali con il diritto di entrare nella Società Lancisiana riservata ai dottori e professori degli ospedali di Roma. Il suo curriculum risulta eccellente in igiene, psichiatria, e pediatria materie che saranno alla base delle sue future scelte. Negli anni che precedono la laurea i suoi impegni di studio si orienteranno sempre più verso ricerche di tipo sperimentale in laboratorio e di osservazione nelle sale del manicomio dell’ospedale di Santa Maria della Pietà di Monte Mario a Roma. Durante la preparazione della sua tesi frequenta le lezioni di Antropologia fisica o biologica tenute da Giuseppe Sergi. La tesi che discuterà il 10 luglio del 1896 è a carattere sperimentale quasi cento pagine scritte a mano che portano il titolo “Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico” Contribuisce con il suo impegno all’emancipazione femminile. Partecipa al Congresso Femminile di Berlino nel 1896 in veste di rappresentante dell’Italia. Famoso un suo intervento in tale sede sul diritto alla parità salariale tra donne e uomini. Partecipa anche al successivo Congresso Femminile di Londra nel 1897. Nel 1898 presenta a Torino, al congresso pedagogico, i risultati delle sue prime ricerche e dopo breve tempo, diventa direttrice della scuola magistrale ortofrenica di Roma. Con lo spostamento dei suoi interessi sul lato dell’educazione, decide di rinnovare le sue basi culturali laureandosi in filosofia. Ottiene la nomina di assistente presso la clinica psichiatrica dell’università di Roma, in collaborazione con Giuseppe Ferruccio Montesano, con cui ha un sodalizio professionale e affettivo, dedicandosi al recupero di bambini con problemi psichici, da lei definiti anormali. Grazie al suo lavoro è in continuo contatto con gli ambienti scientifici di Inghilterra e Francia. Nasce così il suo interesse per la letteratura scientifica francese a proposito dei casi di fanciulli selvaggi, allevati da animali, ritrovati in zone isolate; e per gli esperimenti rieducativi tentati da Jean Marc Itard (1765-1835).
Nel 1904 consegue la libera docenza in antropologia ed ha l’opportunità di occuparsi dell’organizzazione educativa degli asili infantili. Nel 1907, a San Lorenzo, apre la prima Casa dei Bambini, in cui applica Il metodo della pedagogia scientifica. Dal successo dell’esperimento romano nasce il movimento monterossiano, dal quale nel 1924 avrà origine la scuola magistrale Montessori e l'”opera Nazionale Montessori”, eretta, poi, in Ente Morale e volta alla conoscenza, alla diffusione, all’attuazione e alla tutela del suo metodo. Maria Montessori ne diviene Presidente onoraria. El corso del ventennio fascista, in principio, Maria accetta l’appoggio di Mussolini interessato a risolvere il problema dell’analfabetismo con le Case dei Bambini,
Il metodo montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici, espandendosi allo studio dell’educazione per tutti i bambini. La Montessori stessa sosteneva che il metodo applicato su persone subnormali aveva effetti stimolanti anche se applicato all’educazione di bambini normali. Il suo pensiero identifica il bambino come essere completo, capace di sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali (come l’amore), che l’adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive.
Il principio fondamentale deve essere la libertà dell’allievo, poiché solo la libertà favorisce la creatività del bambino già presente nella sua natura. Dalla libertà deve emergere la disciplina.
Per Maria Montessori la disciplina deriva dal lavoro libero, questa nasce solo quando nel bambino emerge l’interesse autentico, ossia quando egli sceglie il lavoro assecondando il proprio istinto, capace di procurare uno stato di raccoglimento assoluto. Compito dell’insegnante sarà lavorare al mantenimento di questo stato tramite l’educazione al movimento. Secondo Maria Montessori è proprio il movimento a giocare un ruolo centrale, poiché la personalità si forma con il crescere all’unisono di facoltà psichiche e facoltà motorie. E’ quando il bambino impara a muoversi seguendo uno scopo che sia connesso con l’attività psichica che saprà dirigere la propria volontà; solo allora sarà disciplinato. Per questo motivo il lavoro nelle Case dei Bambini è basato sul movimento; entrando in un ambiente costruito a sua misura, con materiali ideati per l’utilizzo autonomo dalla stessa Montessori, il bambino può scegliere la propria attività, seguendo l’istinto, svegliando l’interesse e la concentrazione. Un bambino concentrato non è ancora un bambino disciplinato perché un bambino disciplinato è capace di orientare la propria volontà al raggiungimento di un fine. La volontà si rinforza e si sviluppa con esercizi metodici. L’insegnante aiuterà il bambino in questo processo con attività previste dal metodo chiamate lezioni di silenzio nelle quali egli sperimenterà l’immobilità perfetta, l’attenzione nel percepire il suono del proprio nome pronunciato da lontano, movimenti leggeri coordinati allo scopo di non urtare oggetti. Solamente quando il bambino sarà in grado di orientare la propria volontà ad un fine, saprà obbedire ed essere quindi disciplinato. L’adulto, dice la Montessori, quando richiede la disciplina e l’obbedienza al bambino trascura quasi sempre la volontà di questo, gli propone un modello da imitare: «fai come faccio io!»; oppure un comando diretto: «stai fermo!», «stai zitto!». Bisogna domandarsi: «come può il bambino scegliere di obbedire se ancora non ha sviluppato la volontà?». La risposta è contenuta in questo nodo teorico districato dalla Montessori: dalla libertà alla disciplina.
Montessori sviluppò tutto il suo pensiero pedagogico partendo da una costruttiva critica della psicologia scientifica, corrente di pensiero affermatasi nei primi anni del secolo. L’equivoco di base della psicologia scientifica era da ricercare nella sua illusione di fondo, secondo la quale erano sufficienti una osservazione pura e semplice e una misurazione scientifica per creare una scuola nuova, rinnovata ed efficiente. Il pensiero pedagogico montessoriano riparte dalla pedagogia scientifica. Infatti l’introduzione della scienza nel campo dell’educazione è il primo passo fondamentale per poter costruire un’osservazione obiettiva dell’oggetto. L’oggetto dell’osservazione non è il bambino in sé, ma la scoperta del bambino nella sua spontaneità ed autenticità. Infine, della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica il fatto che, in essa, tutto l’ambiente sia pensato a misura di adulto. In un ambiente così concepito, il bambino non si trova a suo agio e quindi nelle condizioni per poter agire spontaneamente.
Maria Montessori definisce il bambino come un embrione spirituale nel quale lo sviluppo psichico si associa allo sviluppo biologico. Nello sviluppo psichico sono presenti dei periodi sensitivi, definiti nebule, cioè periodi specifici in cui si sviluppano particolari capacità.
Maria Montessori muore a Noordwijk il 6 maggio 1952 ed è sepolta lì. Sulla sua tomba è scritto, in italiano:
“Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo”
Ottavia Luciani