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LE DONNE NELLA STORIA: MOZZONI ANNA MARIA

LE DONNE NELLA STORIA: MOZZONI ANNA MARIA

MOZZONI ANNAMARIA

Anna Maria Mozzoni

Anna Maria Mozzoni nata a Milano 5 maggio 1837 morta a Roma 14 giugno 1920 è stata una giornalista attivista dei diritti civili e pioniera del movimento di emancipazione delle donne in Italia.

Ebbe genitori che vantavano origini nobili ed erano proprietari di una casa e dei terreni in Rescaldina e Cuggiono, comuni ora facenti parte della città metropolitana di Milano, ciò malgrado, Anna Maria fu mandata nel Collegio delle «fanciulle nobili e povere» di Milano. Da quell’ambiente bigotto e austriacante uscì nel 1851 con idee «tutte contrarie a quelle che si professavano», influenzate da quelle dei genitori, nella cui casa poteva trovare i libri degli illuministi francesi e quelli di Fourier, Filangheri, Mazzini, Parini e Carlo Porta; la madre, oltre ai valori risorgimentali, le mostrava il «comun pregiudizio che alla donna interdice il libero pensiero». Il padre, appassionato di scienza ed inventore finì per dedicarsi con la figlia adolescente alle sedute spiritiche e a cercare prove sperimentali dell’esistenza di Dio.

Queste ultime esperienze verranno presto condannate dalla Mozzoni, ma anche giustificate contro «il gretto esclusivismo che chiude la via all’esame e trascura per disciplina di partito gli interessi supremi della verità». Nello stesso tempo, rivendicava la sua libertà di esame e di giudizio: «Non mi ritengo appigliata a nessuna setta, a nessun sistema, a nessuna scuola. Non credo all’infallibilità del Papa, ma rinnegando questa, non sostituisco quella di Mazzini, né di nessun altro». Nell’ambiente mazziniano, comunque, trova altre donne interessate al tema dell’emancipazione femminile, come Giorgina Saffi, moglie di Aurelio Saffi, l’erede politico di Mazzini.

Dedicato alla madre e rivolto alle giovani donne, nella speranza che il Risorgimento politico fosse anche un risorgimento femminile, è lo scritto La donna e i suoi rapporti sociali, pubblicato nel 1864.

Convinta repubblicana, non esita a rimproverare a Mazzini e ai suoi seguaci l’idea conservatrice che il posto della donna stia soltanto nella famiglia: «non dite più che la donna è fatta per la famiglia, che nella famiglia è il suo regno e il suo impero! Le son queste vacue declamazioni come mille altre di simil genere! Ella esiste nella famiglia, nella città, in faccia ai pesi e ai doveri; di questi all’infuori, ella non esiste in nessun luogo».

Ancora più aspra è la polemica verso Proudhon, che aveva conosciuto ne 1857 attraverso alcuni articoli di Jenny d’Hericourt, apparsi sul periodico «La ragione». Contro l’utopista francese che condannava le donne, in quanto ritenute esseri inferiori mentalmente e moralmente, all’esclusione da ogni partecipazione attiva nella società.

 

Fine prima parte

luciani.2006@libero.it

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