LECCE: IN OCCASIONE DEL TRENTENNALE DELLA”DIA”
Maurizio Vallone: Capo della Direzione investigativa antimafia a Lecce: “Radar su appalti per Recovery fund”
La Direzione Investigativa Antimafia ha compiuto 30 anni e ha deciso di celebrare la ricorrenza con una mostra itinerante che ripercorre i successi ottenuti in questo lungo periodo di lotta alla criminalità organizzata e informare così i cittadini italiani di quanto fatto.
Dopo le tappe in Sicilia e in Calabria, il viaggio dell’esposizione “Antimafia Itinerante” e giunta a Lecce e, nella mattinata di oggi, alla presenza del Prefetto Maria Rosa Trio, del Sindaco del capoluogo Carlo Salvemini e, naturalmente, del “padrone di casa”, il Direttore della Dia, Maurizio Vallone, presso il Castello Carlo V, si è svolto il taglio del nastro della tappa salentina.
“Sono trascorsi 30 anni da quando le mafie facevano esplodere le auto dei magistrati e delle loro scorte con l’esplosivo. Oggi non usano più i mitra, né il T4, ma hanno metodi ancora più insidiosi per perseguire i loro scopi: fare soldi, fare affari, inserirsi nella società civile e cercare di ottenere appalti pubblici. Ci sono nuove frontiere che non sono quelle del denaro materiale e adesso si muovono in maniera elettronica, velocemente, hanno frontiere immateriali e noi dobbiamo adeguarci a queste tecnologie, bisogna conoscerle e intercettare denari e fondi per poterli bloccare anche in altre dimensioni”, ha affermato Vallone.
Tanti e diversi i sistemi per ottenere lucro illecito dal fenomeno dell’Immigrazione, dal controllo dei territori, dalla “partnership” tra mafie.
“La mafia, ormai ha dimensione transnazionale in tutti gli interessi, dal traffico di droga a quello di esseri umani e questo è un fenomeno particolarmente preoccupante e terribile, perché riguarda la sofferenza e la tragedia. È necessario contrastare questa piaga mediante la collaborazione internazionale, andando nei paesi di partenza e da lì combattere le organizzazioni che sono dietro alle persone che trasportano materialmente i migranti, poi, riuscire a intercettare le risorse economiche e bloccarle definitivamente.
Ogni territorio ha le sue specificità, la Puglia e la Calabria vivono questi ingressi dalla Turchia o passando dalla Grecia, la Sicilia, invece, è esposta per quel che riguarda i traffici che giungono dal Nord Africa, Egitto e Libia in maniera più specifica, ma ormai ci troviamo di fronte a un traffico che riguarda l’intera Europa, la Spagna e la Grecia sono in prima linea su questo fronte proprio per questo, ripeto, dobbiamo sviluppare la nostra capacità di relazioni internazionali per combattere il fenomeno lì dove parte”.
“Tra i vari territori ci sono, per quel che riguarda la criminalità organizzata, profonde differenze ma, soprattutto, prospettive diverse. la ‘ndrangheta calabrese è leader del traffico internazionale di stupefacenti, le mafie pugliesi hanno radicalizzazione più locale con forti collegamenti con l’Albania e le coste della Dalmazia e altri paesi che si affacciano sull’Adriatico, hanno connotazioni e modalità di agire diverse anche all’interno della stessa Puglia. La mafia leccese non si comporta come quella foggiana, che è più battagliera e pronta ad azioni eclatanti, anche nei confronti della Forze dell’Ordine. Bisogna essere pronti ad attuare strategie diverse per contrastare ogni singolo fenomeno”.
“Le mafie, ormai, agiscono di comune accordo tra loro e hanno strutture di collegamento. La criminalità pugliese lavora in stretto contatto con quella albanese, la ‘ndrangheta opera attraverso altre mafie locali per arrivare allo spaccio su strada dei grandi quantitativi di droga che importa dal Sudamerica. Dove prima non c’erano collegamenti, oggi sono stati creati nelle carceri, quando queste persone escono di prigione lo fanno portandosi dietro collegamenti nazionali e spesso internazionali. Sulle case circondariali bisogna lavorare molto ed è per questo che nella Dia operano figure appartenenti alla Polizia Penitenziaria”.
La speranza che questa possa essere l’ultima generazione di mafiosi e che i giovani scelgano il mondo della legalità.
“I figli dei mafiosi, in questo periodo storico, sono ragazzi che studiano nelle grandi università e all’estero, hanno capacità nettamente superiori a quelle dei genitori. Chi di loro vuole continuare a essere mafioso, ripeto, ha capacità in più, perché utilizza strumenti diversi. Però c’è anche chi avendo assaporato la libertà sa cosa può dare una vita libera, può decidere di cambiare strada e su questi giovani dobbiamo puntare per dare loro anche una prospettiva”.