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MOSTRA DI SEBASTIÃO SALGADO “ALTRE AMERICHE”

MOSTRA DI SEBASTIÃO SALGADO “ALTRE AMERICHE”

Roma, 14-05-2013.
La conferenza stampa di GENESI. Fotografie di Sebastião Salgado all’Ara Pacis.

Dal 21 maggio al 2 novembre 2022 Castello Aragonese di Otranto A cura di Lélia Wanick Salgado.

Organizzazione di Contrasto e Mostrelab coordinamento di Lorenzo Madaro

Sarà aperta al pubblico il 21 maggio 2022 dalle ore 10.00 la mostra di Sebastião Salgado nelle sale del Castello Aragonese di Otranto. Curata da Lélia Wanick Salgado, promossa dal Comune di Otranto e organizzata da Contrasto e organizzata da Mostrelab, resterà visitabile fino al 2 novembre 2022.

Una mostra finora inedita in Italia, Altre Americhe è il primo grande progetto fotografico realizzato da Sebastião Salgado, quando dopo anni di vita in Europa, decise di tornare a conoscere e riconoscere la sua terra, il Brasile e l’America Latina. Munito di una macchina fotografica, nei numerosi viaggi compiuti tra il 1977 e il 1984, ha percorso un intero continente cercando di cogliere, nel suo bianco e nero pastoso e teatrale, l’essenza di una terra e la ragione di una lunga tradizione culturale. Il risultato è un corpus di immagini di grande forza che evoca il valore di un continente, la sua economia, la sua religiosità e la persistenza delle culture contadine e indiane.

In esposizione a Otranto, per la prima volta 65 opere di tre diversi formati. L’intensità delle fotografie in bianco e nero, la loro potenza plastica, hanno confermato per il mondo intero la nascita di un grande fotografo e un narratore del nostro tempo: Sebastião Salgado.

In una dichiarazione esclusiva per il Castello di Otranto, Salgado ha raccontato le origini di questo reportage. «Questo gruppo di lavoro sull’America latina è stato molto, molto importante per me. Era in un momento della mia vita in cui ero stato lontano dal mio paese, quando mi era addirittura proibito soggiornare in Brasile, e avevo un bisogno enorme di sentirmi vicino al Brasile. E così ho cominciato a fare una serie di viaggi sulle terre dell’America latina, per vivere insieme ai contadini dell’America latina, sulle loro alte terre. È stato un momento estremamente importante di trasformazione della mia vita, potendo tornare nella mia America latina. E così ho trascorso diversi anni accanto a queste popolazioni, cercando di vivere con loro, cercando di imparare da loro, di conoscere queste regioni che sono tra le più belle del mondo ma abitate da popoli estremamente feriti dalla distruzione della loro cultura indigena dell’America latina da parte della cultura spagnola.»

Un reportage che lo ha tenuto lontano dalla sua famiglia per mesi e mesi e che ha portato poi alla realizzazione del suo primo libro Altre Americhe, il primo anche disegnato da sua moglie Lélia Wanick Salgado, e pubblicato in Italia da Contrasto e che accompagna la mostra.

“Con molto piacere ospitiamo quest’anno una bellissima mostra di Sebastião Salgado”, dice Pierpaolo Cariddi, sindaco di Otranto.

“Un osservatore attento e scrupoloso di quella che egli definisce la ‘famiglia umana’. Un lavoro spinto dal suo desiderio di ritornare a casa, nella sua amata America Latina, una terra forte, misteriosa, eroica, sofferente, nobile, come egli stesso la definisce. Un tuffo indietro nel tempo, un lavoro durato sette anni le cui emozioni traspaiono negli scatti che vedremo nelle sale del nostro castello fino a novembre”.

“Nonostante gli ultimi due anni ci abbiano messo a dura prova, abbiamo comunque sempre garantito mostre di qualità nel Castello Aragonese”, conclude il sindaco Cariddi, “contenitore culturale ormai divenuto cuore pulsante della nostra città, centro culturale che ospita ogni anno eventi, iniziative, installazioni di livello internazionale”.

Come ha detto Alan Riding, del New York Times, “Le fotografie di Salgado catturano di volta in volta la luce e l’oscurità del cielo e dell’esistenza, la tenerezza e il sentimento che coesistono con la durezza e la crudeltà. Salgado è andato a cercare un angolo dimenticato delle Americhe, erigendolo a prisma attraverso il quale può essere osservato il continente nel suo complesso. […] Salgado è il creatore di un archivio, il custode di un mondo, di cui celebra l’isolamento. Così facendo, mira a suscitare emozioni problematiche e contraddittorie. E anche in questo caso, ci riesce in pieno”.

Sebastião Ribeiro Salgado nasce l’8 febbraio 1944 ad Aimorés, nello stato di Minas Gerais, in Brasile. A 16 anni si trasferisce nella vicina Vitoria, dove finisce le scuole superiori e intraprende gli studi universitari. Nel 1967 sposa Lélia Deluiz Wanick. Dopo ulteriori studi a San Paolo, i due si trasferiscono prima a Parigi e quindi a Londra, dove Sebastião lavora come economista per l’Organizzazione Internazionale per il Caffè. Nel 1973 torna insieme alla moglie a Parigi per intraprendere la carriera di fotografo. Lavorando prima come freelance e poi per le agenzie fotografiche Sygma, Gamma e Magnum, per creare poi insieme a Lèlia la agenzia Amzonas Images, Sebastião viaggia molto, occupandosi prima degli indios e dei contadini dell’America Latina, quindi della carestia in Africa verso la metà degli anni Ottanta. Queste immagini confluiscono nei suoi primi libri. Tra il 1986 e il 2001 si dedica principalmente a due progetti. Prima documenta la fine della manodopera industriale su larga scala nel libro La mano dell’uomo, (Contrasto, 1994) e nelle mostre che ne accompagnano l’uscita (presentata in 7 diverse città italiane). Quindi documenta l’umanità in movimento, non solo profughi e rifugiati, ma anche i migranti verso le immense megalopoli del Terzo Mondo, in due libri di grande successo: In cammino e Ritratti di bambini in cammino. (Contrasto, 2000). Grandi mostre itineranti (A Roma alle Scuderie del Quirinale e poi a Milano all’Arengario di Palazzo Reale) accompagnano anche in questo caso l’uscita dei libri. Lélia e Sebastião hanno creato nello stato di Minas Gerais in Brasile l’Instituto Terra che ha riconvertito alla foresta equatoriale – che era a rischio di sparizione – una larga area in cui sino stati piantati decine di migliaia di nuovi alberi e in cui la vita della natura è tornata a fluire. L’Instituto Terra è una delle più efficaci realizzazioni pratiche al mondo di rinnovamento del territorio naturale ed è diventata un centro molto importante per la vita culturale della città di Aimorès. Genesi inizia come progetto nel 2003 e dopo nove anni di lavoro viene presentato in tutto il mondo. Nel 2021 presenta per la prima volta la mostra Amazônia, il suo grande progetto successivo a Genesi.

redazione.lecceoggi@gmail.com

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