RAPPORTO SEMESTRALE GENNAIO/GIUGNO 2018 – CENTRO ANTIVIOLENZA “RENATA FONTE”
Il centro Antiviolenza “Renata Fonte” di Lecce, nel corso del primo semestre 2018 (gennaio/giugno), ha raccolto 144 richieste di aiuto per reati di maltrattamenti in famiglia, di stalking e di violenza sessuale.
Il contatto è avvenuto per il 40% dei casi attraverso il numero verde nazionale 1522, per il 25% attraverso la visibilizzazione grazie al sito internet del Centro e attraverso il passaparola, per il 25% su invio dei Servizi (Forze dell’Ordine e Servizi Sociali territoriali) per il 10% attraverso gli incontri di prevenzione svolti nelle scuole.
Delle donne che hanno contattato il Centro Antiviolenza:
il 68% ha richiesto la presa in carico, iniziando un percorso di denuncia ed usufruendo dei servizi di assistenza legale, colloqui di sostegno, colloqui psicologici, accompagnamento, se richiesto, presso le strutture di emergenza ed il servizio di testimonianza, nei procedimenti penali, da parte delle operatrici del Centro in quanto persone informate sui fatti;
il 12% ha dichiarato di non voler denunciare ma di voler usufruire dei colloqui di sostegno e colloqui psicologici;
il 20% ha richiesto informazioni, anche di carattere legale, ma non ha proceduto alla presa in carico.
La categoria di donne che rientra nelle ultime due percentuali ha addotto, come motivazione principale della mancata denuncia, la paura di non ricevere un’adeguata protezione per la propria incolumità ed al tempo stesso di suscitare ulteriori reazioni aggressive da parte del “carnefice”.
I dati raccolti continuano a confermare che il fenomeno della violenza viene perpetrato soprattutto all’interno del contesto familiare. Difatti il 92% di donne dichiara di avere subito violenza da parte del partner o ex partner e solo l’8% da parte di conoscenti o estranei.
Le forme di violenza sono nell’80% dei casi sia fisica che psicologica, nel 20% sessuale; l’elemento peculiare è che, ancora adesso, il reato di violenza sessuale, all’interno della relazione di coppia, inizialmente non viene percepito come tale, in quanto considerato come un dovere coniugale. Solo dopo un percorso di elaborazione con le operatrici, le donne riconoscono di avere subito rapporti sessuali contro la propria volontà.
Le donne che si rivolgono al Centro continuano ad essere di tutte le età e cioè tra i 18 ed i 70 anni ma un dato significativo è il cospicuo aumento degli accessi da parte di donne giovanissime.
Il fenomeno della violenza continua ad essere trasversale.
Il 25% delle donne che si sono rivolte al Centro hanno un’occupazione; un altro 30% ha un’occupazione precaria; il 35% non è produttrice di reddito – disoccupata o studentessa; il 10%, nonostante abbia un’occupazione, non dispone di risorse economiche in quanto il partner le ha impedito, nel corso degli anni, e continua ad impedirle, la gestione dello stipendio.
I dati sono stati presentati questa mattina ai giornalisti nel corso di una
conferenza stampa all’Open Space di Palazzo Carafa a Lecce, alla presenza della presidente del Centro Antiviolenza “Renata Fonte”, Maria Luisa Toto e dell’assessora alle Pari Opportunità Silvia Miglietta.
“Oggi il Centro antiviolenza presenta i suoi dati dell’ultimo semestre – ha commentato l’assessora Silvia Miglietta – il giorno dopo la vicenda di ieri che ha sconvolto l’intera comunità di Trepuzzi e non solo, ci lascia di nuovo e per l’ennesima volta senza parole. Una violenza che si consuma ancora una volta nell’ambito domestico e che ci fa riflettere su quanto le donne siano indifese e deboli all’interno delle loro stesse case. Tutto questo è sconvolgente ma ci invita a prestare la massima attenzione intorno a questo argomento. Bisogna continuare con le azioni di prevenzione con il lavoro straordinario che le operatrici del Renata Fonte svolgono nelle scuole. E’ necessario parlare alle nuove generazioni, invitare le donne a denunciare e i figli e le figlie ad accendere un faro sulle situazioni che vivono nelle loro famiglie”.
E anche il pensiero della presidente del Centro Antiviolenza, Maria Luisa Toto, non poteva non esser rivolto a Teresa Russo, 57 anni, di Trepuzzi, barbaramente uccisa ieri dal marito tra le mura della sua casa: “Una donna giovane della nostra terra ieri è stata uccisa, assassinata da un uomo. Noi del Centro stiamo male, ci sentiamo sconfitte. Ieri, dopo aver saputo della condanna di un uomo violento, dopo poche ore siamo cadute nello sconforto, annientate. E come ci sentiamo? Oggi siamo e ci sentiamo impotenti, bloccate, prigioniere di qualcosa che noi non possiamo controllare e questo ci fa star male. Lo dico con tanto dolore, non siamo riuscite a salvare la vita ad una donna, lei non ha chiesto aiuto, non abbiamo potuto abbracciarcela, aiutarla, prenderla e portarla via, perché le donne non si salvano se restano nelle loro case, là dove viene agita la violenza. Non si salvano chiudendosi in camera, magari con i loro bambini. Sì, ci sono donne che si chiudono a chiave, per paura! L’invito che rivolgo alle donne è quello di uscire dalle loro case, riversarsi sulle strade. Dovete chiedere aiuto, scappare e andare via, mettervi in sicurezza, chiamare le forze dell’ordine che devono giungere immediatamente per salvare la vita alla donna e ai suoi figli. Non faremo più convegni nei palazzi, chi vuole invitarci ci inviti nelle piazze, tra la gente, siamo a disposizione di tutti i Comuni del nostro territorio, per
intercettare e tentare di incontrare e guardare gli occhi di una donna vittima di violenza, insinuare dentro di lei la volontà di chiedere aiuto, con l’auspicio che lei quell’aiuto lo chieda e con la volontà da parte sua e fermezza da parte nostra di portarla via, fino a quando l’uomo violento non sarà fuori dalla sua vita, perché le ammazzano, le uccidono. Costruiamo tutti insieme quella rete di protezione intorno alla donna vittima di violenza. Un muro di gomma formato dal Centro Antiviolenza, dai servizi sociali, dalle forze dell’ordine e dalla magistratura”.
RIFLESSIONI
In base ai dati sopra esposti, emerge la necessità di adottare le seguenti misure:
1) dotare il Centro antiviolenza “Renata Fonte” di una Casa Rifugio (ad indirizzo segreto) per l’ospitalità delle donne che decidono di sottrarsi alla situazione di violenza in cui vivono, unitamente ai loro figli, offrendo loro l’opportunità di vivere in un luogo sicuro dove potersi ricostruire non solo a livello emotivo ma anche in tutti quei settori di vita quotidiana come lavoro, scuola, casa che vengono minati e spesso distrutti dalla relazione violenta;
2) garantire una adeguata situazione abitativa alle donne vittime di violenza e ai loro figli, ad esempio, attraverso la previsione, nei bandi di assegnazione di alloggi, di un punteggio adeguato per le donne che seguono un percorso di uscita dalla violenza.
La Presidente
Maria Luisa Toto