Sciopero di due ore alla Supermonte di Leverano
Contro l’applicazione di un contratto peggiorativo l’86% dei lavoratori incrocia le braccia
Fim-Fiom-Uilm: “Si cerca di competere sul mercato solo tagliando il costo del lavoro”
No al contratto peggiorativo. Contro l’applicazione di un contratto collettivo di lavoro che svilisce anni di lotte sindacali per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, i dipendenti della Supermonte di Leverano oggi hanno incrociato le braccia per due ore alla fine del turno (a partire dalle 12 e dalle 20). Alta l’adesione tra i circa 50 dipendenti dell’azienda che produce contenitori in acciaio inox per alimenti e bevande: nel primo turno hanno scioperato 25 lavoratori su 29 (oltre l’86%).
(Dis)accordo. Il 1° settembre l’azienda ha inviato al personale una lettera per informare i lavoratori che a partire da quella data sarebbe stato applicato al loro rapporto di lavoro il contratto Cisal Metalmeccanica, sulla base di un accordo di armonizzazione che Fim, Fiom e Uilm non hanno sottoscritto. “Il nuovo contratto applicato è peggiorativo per i lavoratori. Nonostante le rassicurazioni dell’azienda per la salvaguardia dei livelli retributivi e la conservazione di ferie, permessi, congedi maternità e malattia per i lavoratori dipendenti già in forza, il contratto Cisal-Metalmeccanica rappresenta uno svuotamento dei diritti conquistati dai lavoratori metalmeccanici in oltre 120 anni di lotte sindacali”, dicono Maurizio Longo (Fim Cisl), Ciro Di Gioia (Fiom Cgil), William Maruccia (Uilm).
Assaggio di autonomia differenziata. Il contratto collettivo Cisal sposta molta parte della contrattazione a livello aziendale, dando ampia libertà di manovra alle imprese, che possono giostrare su una molteplicità di deroghe e combinazioni per sacrificare, sull’altare della flessibilità, tutti i diritti acquisiti. Particolarmente preoccupante la previsione che lega la definizione di parte del salario agli indici Istat regionali: una possibilità che di fatto apre la strada al ritorno delle gabbie salari ed ai contratti collettivi di lavoro regionali. Insomma un assaggio di autonomia differenziata nel mondo del lavoro: “È inaccettabile che Supermonte metta in discussione e di fatto abolisca la contrattazione collettiva nazionale, disconoscendone l’elemento universale a garanzia dei lavoratori”, dicono i sindacalisti. Lo scorso 18 luglio, i tre segretari generali provinciali hanno partecipato ad un incontro che si è concluso con un mancato accordo e senza alcuna firma dei sindacati confederali. “Abbiamo chiesto le ragioni di questo cambio, senza ricevere alcuna risposta se non vaghe motivazioni legate al modello organizzativo”, spiegano. “L’azienda ha agito unilateralmente, sottoscrivendo un accordo di armonizzazione con la sola Cisal. Già in passato l’azienda aveva proposto e ottenuto numerose deroghe al contratto: deroghe che evidentemente non bastano. Forse il management è convinto che per competere sul mercato, alla Supermonte non servano investimenti in formazione e innovazione, ma solo il taglio dei costi del lavoro”.
In pejus. L’accordo di armonizzazione consente ai lavoratori attualmente assunti di mantenere inalterate alcune condizioni, a partire dal salario. Ma sul medio periodo è destinato a creare forti differenze tra colleghi. I nuovi assunti infatti si ritroveranno a lavorare in condizioni decisamente peggiori: percepiranno mediamente circa 300 euro mensili in meno, avranno molte ore in meno di permessi retribuiti, si confronteranno con alcune novità in fatto di malattia (con l’azienda che non verserà la propria quota nei primi tre giorni di malattia e ridurrà l’integrazione per i giorni successivi) e infortunio (addirittura con la previsione di controlli in caso di assenze per infortunio sul lavoro). Altri istituti contrattuali vengono meno da subito anche per i dipendenti storici: deroghe alle leggi su orario di lavoro e riposto settimanale e giornaliero, deroghe sui limiti al lavoro straordinario, ore di straordinario pagate meno, deroghe sulla percentuale dei lavoratori con contratto a termine o in somministrazione sul totale degli assunti (praticamente senza limiti), compressione del diritto allo studio, arretramento sulla forma di assistenza sanitaria integrativa, riduzione netta delle agibilità sindacali, cancellazione delle rappresentanze aziendali espressione delle sigle non firmatarie del contratto applicato.