TARANTO: I PARTICOLARI DELL’OPERAZIONE CONDOTTA DAGLI UOMINI DELLA POLIZIA DI STATO
Le lunghe e meticolose indagini, avviate con il fondamentale supporto dei servizi di intelligence nazionali (AISI), hanno permesso di raccogliere forti elementi indiziari nei confronti di soggetti di nazionalità nigeriana dimoranti nel capoluogo, consentendo di delineare un’articolata e ben strutturata organizzazione criminale, dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti ed allo sfruttamento di giovani connazionali costrette a prostituirsi.
È verosimile ritenere che i destinatari dell’odierna ordinanza cautelare siano membri dei cosiddetti gruppi “cultisti” nigeriani a matrice religiosa: potenti e violenti clan nati e sviluppatisi nel paese centrafricano che hanno esteso le loro ramificazioni criminali anche nei Paesi di emigrazione.
Le investigazioni, che hanno preso avvio nel settembre 2019, hanno fatto emergere la probabile costituzione di una struttura criminale stabilmente organizzata, dai connotati piramidali e camaleontici, con al vertice tre degli odierni destinatari delle misure, dedita allo spaccio ed allo sfruttamento della prostituzione.
Si può ritenere che i traffici e le attività illecite fossero gestite nel capoluogo jonico da “confraternite”, i cui componenti – come documentato negli ultimi anni – si sono a volte affrontati in scontri estremamente violenti per affermare la loro egemonia sul territorio e all’interno della stessa organizzazione.
Tra questi episodi, il più cruento avvenne, nell’agosto del 2020, nel centro cittadino tra i componenti dei gruppi “Eyie” e “Black Axe”: in tale circostanza, furono anche provocati ingenti danni ad una pizzeria ubicata nel centro cittadino.
Le basi logistiche delle attività illecite sarebbero tre attività commerciali ubicate nel Borgo nuovo quali punti d’incontro della comunità nigeriana e fulcro della gestione dello spaccio.
Proprio riguardo all’attività di spaccio, sembra che l’organizzazione criminale prediligesse le cessioni di stupefacente verso i connazionali di origine nigeriana, considerati più sicuri ed affidabili, anche con modalità di acquisto agevolatrici quali la “cessione con la formula del credito”.
L’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti avveniva direttamente da connazionali residenti a Bari, registrandosi numerosi viaggi verso il capoluogo pugliese.
È plausibile ritenere che, nella capillare rete di spaccio presente sul territorio tarantino, operassero i pusher di “primo livello” incaricati della distribuzione al dettaglio della sostanza. In posizione intermedia, altri acquistavano la droga dai promotori per cederla al pusher “di secondo livello”, chiamati – a volte – a svolgere anche compiti di corrieri per il trasferimento dello stupefacente a Bari.
Ne emergerebbe un’organizzazione capace di riprodursi e di rivitalizzarsi anche dopo le numerose operazioni di polizia compiute dagli uomini della Squadra Mobile Jonica, che hanno portato nel tempo a consistenti sequestri di droga ed ai conseguenti arresti in flagranza di alcuni loro componenti.
Altro settore illecito in cui avrebbe operato l’organizzazione criminale è quello del riciclaggio di denaro, verosimilmente ricavato dalle attività di spaccio, attraverso circuiti finanziari “criminali” per il trasferimento del denaro in Nigeria.
Si tratta, in sostanza, di utilizzare “sportelli clandestini” per il versamento in Italia e per il successivo prelievo in Nigeria, con la garanzia di veloci tempi di consegna, talvolta immediati, garantendo al contempo l’anonimato del cliente e la possibilità di trasferire somme illimitate.
Per questa operazione, la struttura criminale si avvaleva del titolare di uno dei negozi coinvolti al quale veniva materialmente consegnato il denaro che veniva trasferito con bonifico online da una banca nigeriana in favore del conto indicato dal committente, acceso sempre in altra banca nigeriana.
Il denaro in contanti veniva “conservato” insieme ai versamenti cash di altri membri e, raggiunta una somma di un certo rilievo, veniva trasferito fisicamente in Nigeria anche mediante corrieri.
Le indagini hanno poi raccolto elementi indiziari relativi ad una fiorente attività illecita legata al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione laddove uno dei negozi individuati risulterebbe punto di ritrovo per contattare direttamente o ricevere la disponibilità di ragazze nigeriane, costrette a prostituirsi in un appartamento cittadino.
Sembra anche che all’interno dell’appartamento fosse assicurato un ricambio costante e ciclico di donne le quali cedevano al gestore dell’attività illecita una percentuale del loro incasso.
Nella fase esecutiva sono state di supporto le Squadre Mobili di Torino, Bari e Sassari nonché personale dei Reparti Prevenzione Crimine del Sud Italia messo a disposizione dalla Direzione Centrale Anticrimine.