Un saggio del filosofo salentino Stefano Cazzato su Chaim Perelman
Il saggio di Stefano Cazzato affronta temi di grande attualità, attraverso un pensatore degli anni 50, Chaim Perelman, che fu tra i saggi consultati da Ben Gurion sulla questione dell’identità ebraica, pronunciandosi contro l’identificazione di nazione e religione e a favore di un’evoluzione laica di Israele. Il lavoro di Cazzato si intitola “Chaim Perelman. Retorica, etica e politica”.
Ha scritto il fisico e docente Alfredo Imbellone che “il libro di Cazzato ci dovrebbe invitare a riflettere sul livello del dibattito odierno: dai discorsi sulla pandemia, all’emergenza climatica, all’impatto delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale, fino ai conflitti Russia-Ucraina e Israele-Palestina.
Anziché polarizzarsi in fazioni contrapposte che si gridano l’una contro l’altra, brandendo la verità propria e
la non-verità altrui come armi, si potrebbe, forse, discutere e ragionare.”
Con questo saggio sul filosofo belga Chaim Perelman entriamo nel cuore di quella verità pluralistica e sfaccettata che non piace né ai dogmatici (interessati alla verità definitiva e universale che mette tutti a tacere di fronte all’evidenza incontestabile) né agli scettici (interessati a negare l’esistenza stessa della verità).
Norberto Bobbio diceva che Perelman, occupandosi della retorica cioè degli usi e dei contesti del discorso, nonché delle diverse tipologie di uditorio, aveva esplorato una terra vastissima conosciuta solo in parte. E, facendo conoscere la principale attività dell’uomo, cioè il suo essere comunicativo e discorsivo, aveva gettato sulla natura umana una luce ancora più chiara e diretta.
Un’arte, la retorica, che – come dimostra in questo bel saggio il filosofo e docente salentino Stefano Cazzato – ha fondamenti teorici molto forti, riconducibili al mondo classico ma soprattutto significativi risvolti etico-politici in quanto la controversia è alla base di tutte le discussioni che riguardano i valori, le scelte politiche, le decisioni giuridiche.
La democrazia stessa (e il diritto che ne costituisce l’ossatura) non sarebbe per Perelman pensabile senza la controversia, cioè senza la concorrenza agonistica ma leale e pacifica tra punti di vista che si contendono sulla scena pubblica il consenso di individui, gruppi, folle: cioè l’adesione dell’opinione pubblica a una certa tesi.