UNO NESSUNO E CENTOMILA CON PAOLO CRESTA
A SAN CESARIO DI LECCE PER TEATRI A SUD
Fino al 15 settembre proseguono gli appuntamenti del progetto “Teatri a Sud”, ideato e promosso dalla compagnia salentina Astràgali Teatro con il sostegno del Ministero della Cultura, in collaborazione con Regione Puglia, Università del Salento e con le amministrazioni comunali di Lecce, Cavallino e San Cesario di Lecce.
Giovedì 25 agosto (ore 21 – ingresso libero) negli spazi della Distilleria De Giorgi di San Cesario di Lecce la Compagnia Gabbianella Club di Casoria, porta in scena “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello con adattamento, interpretazione e regia di Paolo Cresta. Un uomo, un uomo qualunque come si definisce lui stesso, un giorno come un altro, riceve un’osservazione da sua moglie: “Guardatelo bene il naso, ti pende verso destra”. Questa semplice e, apparentemente, innocua frase trascina l’uomo, Vitangelo Moscarda, in abissi di riflessioni e considerazioni che gli scavano dentro. Inizia a ricercare dentro di sé, nelle persone intorno a lui, scoprendosi, tormentatamente, Uno, nessuno e centomila. È così che, da un semplice specchio, superficie ambigua e inquietante, emerge per Vitangelo Moscarda, un volto di sé finora ignorato, provocando in lui una profonda crisi, fino all’agghiacciante consapevolezza che la sua immagine negli occhi degli altri è profondamente lontana da quella che ha di sé stesso. Da qui la presa d’atto ancora più inquietante: egli non è ‘uno’, come aveva creduto sino a quel momento, ma ‘centomila’, nel riflesso delle prospettive degli altri, e quindi ‘nessuno’. La realtà banale e paradossale dell’uomo, in relazione a sé stesso e agli altri, è il filo rosso di una storia nella quale ciascuno di noi è costretto a riconoscersi. In scena una sedia e un uomo, solo, che si rivolge direttamente al pubblico, proprio come il romanzo si rivolge direttamente al lettore. Racconta la sua storia, e nel farlo si confida, si confessa, rivive il suo lancinante viaggio interiore, e giunge ad affermare che, oltre a tutto il resto, non ha più bisogno di un nome, perché i nomi convengono ai morti, a chi ha concluso. Lui è vivo, e non conclude. La vita non conclude, e non sa di nomi, la vita. Pirandello stesso lo definì come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”. Ed è da questa scomposizione che sono partito. Ho avuto come riferimenti visivi Francis Bacon, Lucian Freud e Alberto Giacometti. Ciò che resta dell’uomo spogliato di tutto. Le prime parole che faccio pronunciare a Moscarda non sono di Pirandello: sono tratte da una lettera di Alberto Giacometti, e parlano di un filo di polvere, un semplice filo di polvere, ma per lui, e forse solo per lui, bellissimo.